Gli europei sono ancora convinti di essere i depositari della democrazia e dei suoi principi, ma la loro istituzione, l'Unione Europea, è poi così democratica? Che è un po' come chiedersi: chi comanda davvero in Europa? C'è una parola, estranea alla lingua italiana, che spiega il sistema in cui viviamo: lobby. I gruppi di potere hanno uffici di lobbisti a Bruxelles che hanno come compito proprio quello, “convincere” chi ha il potere a fare come vogliono loro. Esiste un registro per la trasparenza che annovera 12991 organizzazioni, tra cui compaiono tutte le aziende che contano, europee e americane. Immaginate un politico europeo circondato da emissari delle aziende più ricche del mondo. In base a cosa deciderà? Tenendo questo a mente si può rileggere tutta la storia recente, considerando per esempio l'azione delle lobby farmaceutiche durante l'epidemia COVID, o l'azione delle lobby verdi sul cosiddetto “green deal”, per non parlare delle lobby delle armi durante il conflitto Russia-Ucraina. Ovviamente più solide sono le istituzioni, minore è la possibilità di queste lobby di influire sulle decisioni. Forse è proprio per questo che Ursula Von der Leyen ha deciso di depotenziare moltissimo la Commissione Europea ritagliandosi una Commissione che sarà sempre più sotto il suo controllo. Il background professionale dei commissari è curioso: accademici, giornalisti, diplomatici di carriera, funzionari di partito, figure politicamente deboli.
Con la scusa della parità di genere la Von der Leyen ha fatto pressioni sugli Stati in merito alle nomine. Sappiamo bene che il meccanismo della quota di genere fa sì che spesso candidati che non sono preparati per il posto, o che potrebbero non avere la giusta esperienza, hanno maggiori probabilità di essere scelti con la scusa della quota di genere. Ad esempio, il caso della slovena Marta Kos, una diplomatica di nomina politica, ha fatto scalpore nel suo Paese, dove pochi la considerano adatta a gestire il portafoglio dell'allargamento. Ma a proposito di figure deboli, Stéphane Séjourné, che sostituisce Thierry Breton, è un classico politico di carriera senza alcuna esperienza al di fuori della politica di partito che possa giustificare l'assegnazione di uno dei portafogli più importanti (industria e mercato interno) all'interno della Commissione. Questo dà alla Von der Leyen un ulteriore spazio di manovra, ricordando qui lo sviluppo dell'industria della difesa fortemente suggerito dalla lobby delle armi. Un'altra strategia efficace è prendere nomi di calibro, ma assegnarli a compiti in cui non hanno competenza. È il caso per esempio di Magnus Brunner (Austria), economista e ministro delle finanze, chiamato a occuparsi di immigrazione. Tra l'altro Brunner appartiene all'ÖVP, che ha visto crollare i suoi consensi proprio a causa della sua gestione della migrazione, e questo è stato assolutamente confermato nelle ultime elezioni parlamentari.
Va anche sottolineato come siano stati assegnati portafogli chiave agli Stati nordici e baltici, così come alla Polonia. L'idea è che probabilmente la Von der Leyen conta su di loro nella corsa agli armamenti contro la Russia, ricordando ancora una volta la lobby delle armi. Ad esempio, il candidato lituano a Commissario per la Difesa, Andrius Kubilius, ha una posizione chiara contro l'aggressione russa, quindi la Von der Leyen può contare su di lui per gli armamenti. Un altro esempio è la citata Marta Kos, a cui è stato affidato un portafoglio per l'allargamento con l'obiettivo di promuovere l'adesione di Ucraina e Moldavia. Kos è una diplomatica trasformata in professionista delle pubbliche relazioni che ha fatto molte dichiarazioni negative contro la Russia. Per quanto riguarda le politiche verdi, non si può dimenticare il caso della svedese Jessika Roswell, nominata Commissario per l'Ambiente, che conosce bene le istituzioni dell'UE, avendo ricoperto il ruolo di Ministro dell'UE nel suo Paese prima di essere nominata. Per contro, lo stesso governo ha avviato in modo palesemente inefficace l'attuazione del Green Deal europeo del 2022. La reazione della sinistra svedese alla candidatura di Roswell è stata che era un po' come mettere un piromane a capo dei vigili del fuoco. Questa transizione verde ha scatenato enormi proteste in tutta Europa, con manifestazioni di agricoltori che continuano nelle capitali di quasi tutti i Paesi dell'Europa occidentale. La grande domanda per il prossimo ciclo è come la Roswell riuscirà a gestire una sfida di questa portata. E intanto a Bruxelles è pieno di lobbisti che si fregano le mani. Perché questa volta per loro sarà tutto ancora più semplice.