“Mi sono occupata da sola del depezzamento di Alessandro: ho usato un seghetto e un lenzuolo per contenere il sangue. L’ho sezionato in tre parti. Non ci sono stati schizzi, ecco perché i carabinieri hanno trovato tutto in ordine”. È questo uno dei passaggi più crudi della confessione resa da Lorena Venier, 61 anni, infermiera, arrestata per aver ucciso e smembrato il figlio Alessandro, 35 anni, nella casa di famiglia a Gemona del Friuli. Una ricostruzione dettagliata, fornita prima al pubblico ministero e poi confermata davanti al giudice per le indagini preliminari. Secondo il suo racconto, la nuora Mailyn Castro Monsalvo, 30 anni, di origine sudamericana, è intervenuta solo successivamente, per spostare le tre sezioni del cadavere nell’autorimessa. Sarebbe stata lei, il 31 luglio, a chiamare il 112 e far partire le indagini, dopo una crisi emotiva che ha interrotto il piano iniziale: attendere qualche giorno e far sparire il corpo in montagna. La telefonata ai carabinieri è avvenuta in un italiano incerto: “Mia suocera ha ucciso il figlio”, ha detto la donna. Poi un litigio tra le due, con un “no, Lorena, no” registrato in sottofondo e alcuni lividi riscontrati sulle braccia della straniera, segno di una possibile colluttazione.

“Pensavo che con il tempo il corpo si sarebbe consumato. Poi lo avrei portato in montagna, lì dove lui diceva di voler essere sepolto”, ha dichiarato la Venier, riferendosi alle intenzioni maturate dopo l’omicidio. “Credevamo di poter fare tutto da sole”, ha aggiunto, motivando così l’assenza di altri complici nella gestione del delitto. Nel frattempo, la Procura di Udine ha disposto l’autopsia, che verrà eseguita nei prossimi giorni. Parteciperà anche un perito nominato dalla difesa di Mailyn. Più difficile, al momento, che venga nominato un consulente dalla difesa della madre, che ha già assunto pienamente la responsabilità dell’accaduto. “La ricostruzione è precisa e c’è piena assunzione di responsabilità”, ha spiegato il suo avvocato, Giovanni De Nardo, che in queste ore incontrerà la donna nel carcere femminile del Coroneo a Trieste. La difesa punta ora a una perizia psichiatrica. Venier, secondo il legale, sarebbe da valutare sul piano clinico e psichiatrico e ora in carcere è sottoposta alla sorveglianza continuativa prevista per i casi più gravi.