Siamo nel 2024, eppure Matteo Renzi parla del 2015, anno in cui sedeva sulla poltrona di Presidente del Consiglio, e tutto questo per un’auto (o un brand)… Già, perché ben nove anni fa l’ex premier, ora presidente del partito Italia Viva, nonché direttore editoriale del giornale Il Riformista (qui la sua prima vera intervista da giornalista a Moreno Pisto per MOW), riuscì a salvare la Lamborghini. O per essere ancora più precisi, e per utilizzare le stesse parole di Renzi, riuscì a salvare “la produzione Lamborghini a Sant’Agata Bolognese grazie a una bellissima collaborazione pubblico privato”. Una mossa che al suo Governo, e a egli stesso, a quanto pare costò molto sul piano della reputazione. Attraverso un post pubblicato sui suoi vari social, infatti, il politico fiorentino rivendica l’accordo con l’azienda emiliana, ma non nasconde certo di aver subito qualche ingiuria, anzi di essere stato addirittura “massacrato dai social”. Comunque sia, la foto che lo ritrae a bordo di una Lambo è stata pubblicata il giorno 21 gennaio. Il commento di Renzi recita: “Quasi dieci anni dopo la Lamborghini comunica - proprio in queste ore - di aver battuto tutti i record grazie a quell’investimento che doveva essere fatto a Bratislava e che invece fu mantenuto in Italia”. I numeri, riportati dallo stesso Renzi, parlano chiaro: “Più di diecimila auto vendute: è la prima volta nei sessant’anni di storia della Lamborghini. E questo vuol dire posti di lavoro, indotto, ritorno fiscale”. Nonostante ciò, però, continua l’ex Premier, “fui massacrato dai social per questa foto con l’allora CEO Stefano Domenicali, grande manager e ora grande amico. Inventarono storie virali denigrandomi e i post contro di me furono visti da più di otto milioni di persone”. Poco importa, visto che “un politico non è un influencer: quando fai politica devi guardare al futuro, non ai like”. Forse una frecciatina a qualche suo collega? Forse… Ma la questione più importante qui è un'altra.
Anche se Renzi non la nomina mai, è chiara la presenza ingombrante del tema della cosiddetta de-industrializzazione dell’Italia; un tema molto legato alle quattro ruote. Negli ultimi giorni, infatti, i toni tra Stellantis e Governo, e classe politica in generale (a parte una certa sinistra), sembrano essersi surriscaldati. Ci ha pensato prima Carlo Calenda, segretario di Azione, in un’intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero, nel quale ha detto che “quella di questo gruppo è una storia allucinante. Sia per le dimensioni della vicenda sia per l’omertà della sinistra e del sindacato”, puntando il dito contro John Elkann, Carlos Tavares (Ad di Stellantis), il Pd, i sindacati e Maurizio Landini, e infine anche contro la Repubblica; quest’ultima (edita dallo stesso Elkann) rea di essere “servita solo per coprire ‘a sinistra’ la fuga (di Fiat, ndr) dal nostro Paese”, come riportato su MOW. E solamente pochi giorni fa, dagli studi di Quarta Repubblica su Rete 4, anche l’attuale Presidente del Consiglio Giorgia Meloni è tornata sulla questione, tuonando così: “hanno ceduto la Fiat ai francesi, hanno trasferito all’estero sede legale e sede fiscale e hanno messo in vendita i siti delle storiche aziende italiane”, riferendosi proprio alla famiglia Agnelli-Elkann, com'è possibile leggere su un articolo di MOW. Caos generale quindi, e intanto Matteo Renzi si loda da solo: “Oggi escono i dati ufficiali Lamborghini e possiamo festeggiare il salvataggio dell’operazione Lamborghini Urus. I social ti massacrano sul breve periodo, poi nessuno ricorda la verità”. E ancora: “E aver tenuto la produzione Lamborghini Urus in Italia mi rende orgoglioso nonostante tutte le polemiche e gli insulti”. Insomma, a quanto pare Renzi ci aveva visto lungo, molto lungo. Ovviamente le due realtà (Lamborghini e Stellantis) sono molto diverse tra loro, come diversi sono anche i rapporti con il Governo, ma quello del 2015 può essere un esempio da cui prendere ispirazione?