Fiat come massimo esempio della de-industrializzazione dell’Italia; una questione che MOW aveva già trattato con le dichiarazioni del sindacalista piemontese Giorgio Airaudo. Ad alzare la voce, però, questa volta è Carlo Calenda, senatore tra le file di Azione (ed ex ministro), che punta il dito contro John Elkann e l’intero Gruppo Stellantis. A detta del politico romano, infatti, “quella di questo gruppo è una storia allucinante. Sia per le dimensioni della vicenda sia per l’omertà della sinistra e del sindacato”. Le parole di Calenda sono state raccolte in un'intervista rilasciata al quotidiano il Messaggero, e gli attacchi verso il delfino dell’Avvocato, reo di aver “cominciato a vendere le attività” - ha detta di Calenda - dopo la morte di Sergio Marchionne. Tutto è partito dalla Magneti Marelli, “l’ha ceduta - ha detto il segretario d’Azione - durante il governo Conte a una società giapponese, super-indebitata, di proprietà di un fondo. All’epoca, chiesi al governo d’intervenire bloccando la vendita attraverso il golden power. Ma Conte decise di non farlo”. Dunque si tratta anche di un problema politico, e alla domanda “la politica sempre troppo succube degli Agnelli?”, Calenda risponde con un netto: “Ma certo!”. Poi aggiunge: “All’epoca, Elkann diede assicurazioni sugli stabilimenti e sul lavoro in Italia. Come abbiamo visto con la brutta fine della fabbrica Magneti Marelli a Crevalcore, queste assicurazioni non valgono nulla”. Inoltre, continua, “durante il Conte 2, Fca riceve una garanzia pubblica di 6,3 miliardi, per consentire agli azionisti di pagarsi un dividendo in Olanda da 3,9 miliardi di euro. E di fatto vendere la ex Fiat a Peugeot. Questi sono capitalisti che si fanno gli affari loro. Se ne infischiano dell’Italia e sono stati favoriti da una politica debole e compiacente”. E a farne le spese è sempre il ‘sistema Italia’...
Il confronto con la Francia è desolante. “Basta guardare la situazione degli stabilimenti Stellantis francesi rispetto a quelli italiani - rivela Calenda -. Quelli francesi sono tutti pronti per i motori elettrici, di quelli italiani soltanto uno è al passo con i tempi”. Inoltre, continua il politico, “in Francia, si registrano dieci volte i brevetti Stellantis rispetto a quanti se ne registrano in Italia. Le fabbriche italiane, a cominciare da Mirafiori, si vanno desertificando”, e ancora: “la fabbrica di Grugliasco intitolata a Gianni Agnelli, dove io da ministro avevo inaugurato insieme a Marchionne una linea di produzione Maserati, è stata messa in vendita su Immobiliare.it”. Secondo Calenda, John Elkann dovrebbe rispondere della situazione ex Fiat, tant’è che - dice - “Mesi fa ho chiesto al presidente della commissione Attività produttive del Senato, di FdI, di convocare Elkann” ma “per ora, non è accaduto nulla. La triste realtà è che oggi quel gruppo produce in Italia il 30 per cento in meno rispetto all’epoca Marchionne. E i nuovi modelli, spacciati per made in Italy, vengono fatti in Serbia”, come d’altronde avevamo svelato anche noi di MOW. Quindi la Fiat, o la ex Fiat come la chiama il segretario di Azione, di italiano non sembra avere più nulla, e poi ecco che Carlo Calenda sgancia la bomba: “Sono in possesso di una lettera che Stellantis ha inviato ai fornitori italiani, decantando le opportunità di spostare gli investimenti in Marocco dove il gruppo di Elkann è già presente in maniera massiccia. Oltre alla lettera, hanno inviato un depliant del governo marocchino che esalta le facilitazioni per l’industria dell’automotive in quel Paese. La fuga dall’Italia continua sempre di più”. Questione analizzata tempo fa anche da MOW. La soluzione? Secondo Calenda “il governo deve il prima possibile incontrare Tavares, anche perché mi pare che sia lui l’unico a decidere”. Ma la Fiat è solamente la punta dell’iceberg della questione.
Infatti, continua l'intervista de il Messaggero, “la sinistra e la Cgil hanno smesso di parlare della fuga della ex Fiat da quando gli Elkann hanno comprato Repubblica, il principale giornale della sinistra. Maurizio Landini è arrivato a fare un’intervista a quel quotidiano, parlando di crisi dell’automotive senza mai nominare Stellantis che è l’unico produttore italiano. Neanche Berlusconi aveva mai silenziato in questa maniera gli avversari politici sulle sue televisioni. [...] Altro che conflitto d’interessi e editto bulgaro!”. E poi la “facile” previsione di Calenda: “Quando gli Elkann avranno finito di dismettere le attività in Italia, venderanno Repubblica che gli è servita solo per coprire ‘a sinistra’ la fuga dal nostro Paese”. Ma dov'è finito il Landini che attaccava Fiat? “È sparito - dice Calenda. In quel periodo, la Fiat produceva il 30 per cento in più di adesso e investiva massicciamente in Italia. Ma Landini se la prendeva tutti i giorni con Marchionne per il contratto di lavoro. Oggi che il lavoro in quel gruppo sta sparendo, Landini, diventato segretario generale della Cgil, sembra non riuscire a pronunciare la parola Elkann. Forse ha paura di venire bandito da Repubblica”... Ma da dove nasce tutta questa realtà ‘marcia’? Secondo Calenda il problema sono gli stessi italiani, “bravissimi imprenditori e pessimi capitalisti”. Infatti, “molti di loro - continua il politico -, quando raggiungono una determinata dimensione d’impresa, hanno le seconde o terze generazioni che preferiscono in tanti casi vendere e mettersi a fare i finanzieri. La vicenda Elkann ne è la dimostrazione”...