Nei primi secoli della storia del cristianesimo spesso i fedeli si radunavano nelle case per dire messa e poi restare a cena insieme. Era l’occasione di dialogare, stare insieme come una vera comunità, soprattutto durante il periodo delle persecuzioni, quando ancora non esistevano delle chiese. Oggi c’è chi recupera questa iniziativa e la ripropone ai giovani studenti di Urbino, soprattutto fuorisede. È l’apericena della domenica, dopo la messa. L’idea è di Fra Andrea Ricatti, frate minore dell’ordine francescano, alla guida della Pastorale universitaria. L’iniziativa è partita nel 2023 ma quest’anno, in occasione dell’arrivo di nuovi studenti in città, è diventata virale a causa di un manifesto molto criticato in cui accanto al calice dell’Eucarestia e l’ostia, era stata affiancata la foto di uno spritz con la frase: “2 x Uno” (ovviamente con riferimento a Gesù). Il poster è stato modificato per non offendere altri fedeli, in accorto con il capo provinciale e il vescovo, ma come è stata vista l’iniziativa dentro la Chiesa? E funziona? La Chiesa deve modernizzarsi? Abbiamo intervistato il diretto interessato, Fra Andrea, che ci ha spiegato cosa è successo.
Come le è venuta in mente questa idea?
È già un anno che facciamo la messa con apericena dopo la messa. Semplicemente quest’anno è diventata virale perché, dal momento che la pastorale universitaria cambia ogni anno, c’è gente che arriva e gente che parte, allora per far conoscere l'iniziativa alle matricole, agli studenti che arrivavano a Urbino, abbiamo pensato di fare questa locandina. La messa domenicale è uno dei momenti in cui i ragazzi si ritrovano per vivere insieme, allora avevamo pensato di proseguire con questa iniziativa di fraternità, di convivialità. E poi noi non abbiamo inventato niente di nuovo, perché i primi cristiani si ritrovavano dopo l’eucaristia, dopo aver fatto la messa, proprio per condividere i pasti insieme, quindi è un'iniziativa che va avanti da duemila anni. Noi l’abbiamo solo adattata ai tempi di oggi.
Sta funzionando?
Quest’anno partiremo l’8 settembre, perché i studenti ancora non sono tornati. Riguardo a quella dello scorso anno ti posso dire che abbiamo avuto un buon numero di partecipazioni.
Inizialmente nel manifesto aveva affiancato il calice dell’eucarestia e lo spritz. Offerta: 2 x Uno. C’è chi non ha apprezzato? Crede che i fedeli siano un po’ troppo bacchettoni?
Si tratta solo di sensibilità diverse. C’è chi è più sensibile e abbiamo cercato di rispettare anche questa sensibilità. Capisco le varie opinioni, sia positive che negative, nel senso che ognuno ha il proprio pensiero. Per questo abbiamo cercato di evitare, perché il nostro obiettivo non era generare polemiche, ma cercare soprattutto di portare a un’unione.
E avete cambiato la locandina.
Esatto.
Ha ricevuto pressioni dai suoi superiori?
No. Sia il capo provinciale sia il vescovo hanno capito l’iniziativa, anzi sono stati molto favorevoli e hanno appoggiato l'iniziativa. Ovviamente confrontandomi con loro abbiamo pensato, come ho detto, di ripensare la locandina tenendo conto della sensibilità di fratelli e sorelle che non si rispecchiavano nel messaggio.
La notizia è finita anche all’estero. Questo non è un buon segno?
Sì, nel senso che è una pubblicità così grande non l’avremmo immaginata. Abbiamo avuto un bel riscontro. È vero, c’è stato qualche commento negativo, ma anche tantissimi messaggi belli, qualche sfottò simpatico anche, e c’è chi ha apprezzato l’iniziativa e ha capito il senso. Non si tratta di sminuire la liturgia, che resta centrale.
Ci sono i preti social che fanno di tutto e lei con gli spritz viene criticato, le sembra giusto?
No appunto, facciamo la stessa cosa seguendo le parole del Papa, che ci invita a vivere una vicinanza verso i giovani, a ripensare anche a una pastorale adatta ai tempi attuali, ovviamente non dimenticando e non banalizzando tutto il resto.
Perché le chiese si stanno spopolando secondo lei?
Non so dirlo. Posso parlare per la mia esperienza. Io mi sforzo di essere accanto ai giovani e i giovani questo lo rispettano e capiscono. In questo modo si costruiscono nuovi rapporti e ci si avvicina alla fede senza forzature. Da qui anche i momenti di convivialità, come l’aperitivo la domenica dopo la messa. Abbiamo anche un’altra attività poi, quella del pranzo domenicale, che di solito si passa in famiglia. Molti studenti fuorisede non possono tornare a casa, ovviamente, quindi li invitiamo a passare quel momento con noi. L’evento si chiama “Aria di casa”. In questo modo costruisci delle relazioni che vanno incontro ai desideri dei ragazzi.
Non c’è il rischio che questi eventi vengano vissuti come puro intrattenimento e non come un’occasione per avvicinarsi alla religione? Una specie di “pre-serata”?
No, anzi. È proprio in questi momenti che ci si avvicina alla fede. Ti racconto questa storia. Lo scorso anno un ragazzo è venuto alla messa per la benedizione degli studenti prima della sessione d’esami. Ovviamente per uno studente universitario l’esame è un grande ostacolo. E questo ragazzo non entrava in chiesa da anni. Dopo la messa si è fermato all’apericena per scambiare due parole e questa estate ha partecipato a una nostra attività, e ha raccontato lui stesso che in quell’occasione aveva riscoperto Dio. Quindi da una semplice chiacchierata ecco che arriva l'incontro anche con Dio.
Lei come ha incontrato Dio?
Esattamente in questo modo. Quando avevo diciannove anni lavoravo in discoteca, quindi anch’io, attraverso l’incontro con dei frati che mi hanno invitato a partecipare a un’esperienza del genere, ma soprattutto a dialogare con loro, ho incontrato Dio e poi ho scelto di diventare frate.
Ora andrebbe anche nelle discoteche a parlare di Dio?
Come dice il Papa, bisogna vivere una Chiesa in uscita, andando a cercare i giovani nei luoghi in cui si ritrovano. Qualche mese fa c’è stata una festa in una piazza a Urbino, con migliaia di ragazzi, e mi hanno invitato a salire sul palco per un saluto. Anche quello è stato un momento importante per comunicare un messaggio. Quindi sì, l’opera di evangelizzazione si fa anche nelle discoteche e nei bar.