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Pasqua e Via Crucis, ma che senso ha parlarne nel 2024? Ce lo spiega Don Pirri. E sulle bestemmie sui social e le dimissioni di papa Francesco...

  • di Micol Ronchi Micol Ronchi

30 marzo 2024

Pasqua e Via Crucis, ma che senso ha parlarne nel 2024? Ce lo spiega Don Pirri. E sulle bestemmie sui social e le dimissioni di papa Francesco...
Ha ancora senso festeggiare la Pasqua, in un mondo che non crede più a niente? E qual è il senso della Via Crucis? Abbiamo intervistato Don Dino Pirri, prete molto attivo sui social che ci ha anche spiegato il senso dei “missionari digitali” come lui: “Non mi piace quando si scambia la rete per il pulpito”. I due campi, così come i destinatari del messaggio, sono diversi. Poi una parentesi sul linguaggio (e le bestemmie) dei giovani sui social e la sua opinione sulle voci a proposito delle dimissioni di papa Francesco

di Micol Ronchi Micol Ronchi

Spesso sentiamo parlare della Via Crucis, ma quanti di noi veramente conoscono il suo significato profondo? In vista della Pasqua, abbiamo intervistato don Dino Pirri per farci raccontare una delle pratiche devozionali più antiche della chiesa cattolica, ma che rimane ancora un mistero per molti. Allo stesso modo, il concetto di bestemmia non si limita semplicemente al paragonare Dio a un animale; esiste una gamma più ampia di comportamenti che possono essere considerati blasfemi. E cosa dire dei preti sui social? È un argomento che solleva diverse opinioni: alcuni li vedono come un modo moderno ed efficace per diffondere il messaggio religioso, mentre altri li ritengono fuori luogo o inopportuni. “Non mi piace quando si scambia la rete per il pulpito”, ci ha detto Don Pirri. E infine un suo pensiero su papa Francesco e le ipotesi delle sue dimissioni.

Don Dino Pirri
Don Dino Pirri

Don Dino Pirri, i preti sui social non sono una grande novità, lei li usa anche per lavoro?
Innanzitutto, per me il mondo dei social è un'occasione per ascoltare, sono una grande finestra, un modo per guardare il mondo da una prospettiva diversa dalla mia. Inoltre, provo a raccontare un po' la mia vita, il mio pensiero, le mie scemenze che vado facendo. In terzo luogo, i social possono essere un'occasione di contatto, un modo per rendere curioso il vangelo senza dargli però una valenza che non può avere: i social sono come quando cammini per strada e incontri qualcuno. Non si può affidare solo a questo il mestiere della chiesa, ma solo creare un luogo di primo incontro.
Anche i preti avranno degli hater, cosa le dicono e come risponde?
Dipende da come ti esprimi. Nel mio caso, mi capita di ritrovarmi dei commentatori d'odio. La cosa che mi incuriosisce è che quando provo a mettere il vangelo sulla tavola, ovviamente attraverso un linguaggio compatibile con quello che viene usato oggi, mi si scagliano contro sia gli estremisti atei, che gli estremisti cattolici. Deduco quindi che il problema sia l'estremismo più che l'essere atei o l'essere cattolici. Pensavo che il ruolo che ricopro incutesse un minimo di timore tra gli estremisti cattolici, ma non è così. Sui social accettiamo un po' la regola che non abbiamo ruoli istituzionali e che siamo tutti sullo stesso piano. Mi capitano quelli che mi danno del farabutto e dicono che sono un prete indegno, una vergogna della chiesa. Credo che gli estremisti abbiano una verità in tasca da declamare e da difendere, per cui tutto il resto è falsità.
Voi avete delle regole imposte dall’istituzione per comunicare sui social o siete abbastanza liberi?
Se ci sono, io non le conosco. Siamo abbastanza liberi, in questi ultimi anni, in seguito a una cosa che sta facendo la chiesa cattolica che si chiama Sinodo, in cui prova a rileggersi e riproporsi al mondo, la questione della comunicazione digitale ha interessato parecchio i vescovi che fanno parte di questo Sinodo e anche i laici. Siamo passati dalla bottega artigianale a un laboratorio più strutturato. Ci hanno chiamati i “missionari digitali”. Tra di noi ci sentiamo, proviamo a collaborare, abbiamo fatto una Via Crucis la settimana scorsa online. Il bello della rete è che ognuno si esprime in libertà e in maniera informale. Quando si prova a mettere delle regole si perde la freschezza e l'efficacia della comunicazione.
Le piace il modo in cui viene veicolata la fede online?
Generalmente no. Non mi piace quando si scambia la rete per il pulpito e quindi si propongono le stesse cose che si propongono in una chiesa. Le reti hanno destinatari e modalità di comunicazione diverse e quando si prova a fare un copia e incolla si rischia di scadere nel ridicolo. Lo abbiamo visto durante il lockdown con queste celebrazioni improbabili riproposte in rete. È necessaria una cura della bellezza, dell'originalità, dell'intuizione; la maggior parte delle immagini, delle foto, dei santini che vedo non rendono giustizia all'eroicità dei santi, ma piuttosto li dipingono come dei tontoloni dallo sguardo un po' perso nel vuoto. Nonostante questo, ci sono delle esperienze veramente interessanti ed efficaci, portate avanti con molta passione dai cosiddetti missionari digitali.

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Pensa che ci sia qualcuno che sfrutta la fede per ottenere solo un po' di visibilità?
Nel grande calderone ci sarà. Anche nella chiesa, al di là dei social, c'è sempre un'eterna lotta tra il servizio e il potere. Fino a che punto sto mettendo in atto un servizio? Fino a che punto sto mettendo in atto un potere? Una continua tentazione. E questo nei social si riflette nella sottile differenza che c'è tra l'entusiasmo di voler raccontare il vangelo e il piacere di voler proporre se stessi. È una tentazione normale. È inutile essere ipocriti: se si propongono dei contenuti è perché si vuole che siano visti. Dobbiamo cercare di diventare dei “santi egocentrici” (ride, nda), mettere insomma la voglia di apparire al servizio di qualcosa di più grande.
E dei giovani suoi social che pensa?
Non vedo spesso i giovanissimi sui social, l'algoritmo ci tiene lontani. Però li incontro a scuola ed è lì che ho un contatto reale con loro. Sul web, per quel poco che li ho visti, direi che sono il prodotto di tutto quello che noi abbiamo consegnato loro. Li potrei descrivere in tanti modi, ma l'idea che mi sono fatto è che recitino il copione che noi adulti abbiamo preparato per loro. Non me la sento di rimproverarli.
Lo sa che bestemmiano molto sulle piattaforme?
Bisogna stare attenti a non offendere nessuno, anche nel linguaggio. Credo che ci voglia più rispetto e attenzione. Se per bestemmiare ti riferisci all'uso di animali per descrivere Dio, a me personalmente dà molto fastidio, in un certo senso mi ferisce. Poi mi domando: perché il Signore dovrebbe offendersi quando lo paragonano a una creatura che lui stesso ha creato? Perché dire “Dio farfalla” non offende nessuno? Forse è più un'offesa alla mia sensibilità che a Dio. La bestemmia vera è altro: è quando disprezzo l'esistenza che ho ricevuto in dono o quando maledico il tempo che vivo. Dio ci ha creati belli, ci ha donato una vita in cui è possibile rintracciare la nostra felicità e ogni volta che pensiamo di essere sbagliati bestemmiamo contro l'amore di Dio. Come dicessimo a Dio che, creandoci, non ha saputo fare il suo lavoro.
Perché festeggiare la Pasqua, in un periodo in cui non si crede più a niente?
In un periodo in cui ci si fa del male e ci si divide in nome di idee, ideologie e opinioni mettere al centro di una festa un fatto, dato che la Resurrezione è qualcosa che è accaduto, credo faccia la differenza. Se non celebrassi la Pasqua ogni anno, mancherebbe un pezzo della mia felicità. Nella società, nella mia vita, nella chiesa le cose vanno bene? No. Però c’è un punto che dà luce, colore e senso a tutto e chi non ha bisogno di tutto questo? Di un momento di slancio per uscire dalle morti che ci portiamo dentro.
Cos’è la Via Crucis?
È la strada che ha percorso la croce. Probabilmente è una devozione che nasce quando non si potevano fare i pellegrinaggi in Terra Santa perché dominata dai mori. Non si potevano visitare i luoghi di Gesù e si riproducevano allora questi scenari, questi luoghi, per permettere ai fedeli di fare È il primo tentativo multimediale che la chiesa ha prodotto per far vivere ai cristiani il sentimento, l’emozione, che Gesù fa con la croce dentro la nostra storia. Oggi rimane un modo per dirmi che non sono uno spettatore, ma faccio parte di quella storia.
E che significato ha?
Io non amo moltissimo la devozione della Via Crucis, quindi fatico a parlarne. Molti lo caricano di un significato sbagliato, ovvero quello per cui Dio ci manda una sofferenza e noi dobbiamo sopportarla. Invece a me piace pensare, guardando Gesù che porta la croce, che se è passato attraverso tutto questo male, non rimarrà disgustato dalla mia vita e non rifiuterà di attraversarla in qualche modo.
Papa Francesco non sta bene in questo periodo. Qualcuno mormora che potrebbe dimettersi. Lei come la vede?
Bisogna un po’ desacralizzare il ruolo del Papa: la chiesa è sorretta dallo Spirito Santo, il nostro “capo” è Gesù. Il Papa svolge un servizio di guida e di garante della fedeltà al vangelo. Se non si riesce a svolgere il proprio servizio, a causa dell'età avanzata, allora può essere necessario lasciare il compito a un altro. Spetta al Papa, sostenuto dalla nostra preghiera, prendere la decisione migliore per la chiesa. Per noi l’importante è che ci sia un papa.

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