Fuori da ogni ipocrisia, che sia morta la Murgia può dispiacere o meno. Quello che, sotto sotto, ci atterrisce tutti, è l'età del passaggio: 51 anni. Troppo "poco", per il presunto “diritto alla felicità” che, da bravi somari, portatori di soma con il peso di vivere una vita mediamente frustrante - troppo lavoro, troppo poco tempo per sé - ci siamo inventati, noi fessi moderni, così da non raggiungerla mai. Normalmente, di Michela Murgia scrittrice e, soprattutto, opinionista, non era possibile salvare pressoché nulla. Tranne, a parere di chi scrive, una cosa significativamente emersa all'epilogo della sua vita. Nell’esibizione pubblica negli ultimi mesi del proprio declino fisico, che di per sé scontava la volgarità, sempre un po’ patetica, dell'impudicizia social, un riflesso positivo, gioioso, c'era, ed era in quel suo mostrarsi quasi euforicamente superiore e vittoriosamente dominatrice del dolore del corpo e dell'afflizione della psiche. Ci vuole una grande coscienza, o incoscienza (fa lo stesso), per affrontare l’ultimo tratto di esistenza stillandone ogni singola goccia. Cercando online si trova un video, risalente all’ultimo Salone del Libro di Torino a maggio, in cui lei, ridente e addirittura contenta, dice, magari non del tutto sincera con sé stessa, ma non importa, di voler fare quel che in passato si sarebbe vergognata di fare, come andare a una borghesissima sfilata di moda, perché tanto, ormai, cosa potevano dirle? L'aveva accettata, la Murgia, la Signora Morte, ormai imminente. Ma non si era rassegnata, o almeno così sembrava. E soprattutto, così desiderava essere ricordata. Anche se non del tutto, certo, perché era pur sempre la Murgia, la manichea Murgia inventrice di un alquanto tragicomico “fascistometro” (ovvero, l’antifascismo ridotto a lotta fra il Bene e il Male, con tanti saluti alla serietà storica, e anche politica).
In quell’autoironico intervento, veniva fuori però una Murgia più umana, con le sue umane nascoste debolezze, se debolezze erano. Una Murgia sincera, senza troppe sovrastrutture. Una Murgia, nel confessarsi senza tradirsi, ammirevole. “Io sto vivendo il tempo della mia vita adesso. In questo momento, in cui non ho più filtri, non ho più paure, nessuno può più farmi niente. Io mi sveglio la mattina e dico: “Basta, dico tutto, faccio tutto!. Tanto che mi fanno, mi licenziano?”. Questo è un momento di grandissima libertà, e io questa libertà voglio usarla. Voglio usare per lasciare un’eredità. Può sembrare pomposo, no? L’idea per cui, se c’è qualcosa che non ho avuto il coraggio dire, perché ho calcolato protezioni e conseguenze, se c’è qualcosa che non ho avuto il coraggio di fare, mo’ lo faccio. Volevo andare sull’Orient Express, ho chiamato Vogue e ho detto: lo volete un servizio dall’Orient Express? Mandatemi sull’Orient Express! Volevo vedere le sfilate. Ma sono sempre stata troppo comunista e pauperista, e dicevo: se mi vedono alle sfilate, cosa penseranno? Diranno che mi occupo di armocromia. Ma io non sono la segretaria del Partito Democratico, a me non me ne frega niente! Io alle sfilate ci posso andare. E ci sono andata. Volevo vestirmi come una regina alle 10 del mattino, con un abito da sera, e l’ho fatto. E farò un sacco di altre cose. Io non ho più limiti, non me ne frega più niente. Però io vi dico: non aspettate di avere un cancro per fare la stessa cosa, perché se ragionassimo tutti nello stesso modo, probabilmente non avremmo i fascisti al governo”.