John Elkann sta sfoggiando un look più bizzarro dell’altro con abiti che sembrano rubati dall'armadio del fratello Lapo. Che cosa succede all’imprenditore, fino a poco tempo fa noto per la sua sobrietà? Ma soprattutto, cosa sta succedendo all'interno della famiglia Agnelli? Lo abbiamo chiesto al giornalista più esperto in materia, Gigi Moncalvo, autore di una serie di libri da insider come Agnelli Coltelli, I Lupi e gli Agnelli, Agnelli segreti e I Caracciolo (su Marella). Inizialmente avremmo dovuto parlare di John e della sua attività imprenditoriale, ma, nella prima parte, l’attenzione si è spostata su Lapo e su Fabrizio Corona. Chi è che rifiutò lo scoop che l’ex “re dei paparazzi” aveva tra le mani quella notte folle a Torino quando il rampollo si sentì male a casa di un transessuale? Quali sono i veri meccanismi che si celano dietro a una presunta censura? Moncalvo ci spiega per la prima volta tutto nel dettaglio, così come quale sarebbe il ruolo della moglie, Joana Lemos, che “ha altri compiti nella vita, tra cui quello di rieducarlo”. E chi è il fedelissimo di John che non è mai uscito allo scoperto?
Gigi Moncalvo, come vede questa svolta glamour di John Elkann? Prima era Lapo il modaiolo.
Sono rimasto stupefatto come tutte le persone che ragionano e che hanno visto quelle immagini. Dobbiamo ricordarci che si tratta di un personaggio della finanza internazionale, uno degli uomini più ricchi del mondo. Può vestirsi come gli pare, ma questo va un po’ contro i canoni di una determinata eleganza, rappresentata da un Mario Draghi o da Emmanuel Macron. Non dimentichiamoci che lui è un personaggio pubblico. Se capita una volta e si tratta di una foto rubata in cui è in una situazione particolare può capitare. Ma qui siamo già arrivati a tre episodi eclatanti: siamo partiti dal piumino rosa di Moncler, poi siamo passati al piumino giallo di Patagonia, transitando attraverso la foto di lui con la borsa da donna e la camicetta da 1200 euro di Hermes alle feste del miliardario indiano.
Sta prendendo ispirazione da Lapo?
È sorprendente, perché va contro quella che tradizionalmente è stata la sua divisa. Si sta "Lapizzando" e Lapo si sta "Johnizzando". Per cui ci lascia stupefatti come in passato hanno fatto determinate mise di suo fratello. Lapo poteva permettersi questo tipo di abiti e look borderline, ma lui ha un certo tipo di ruolo, perché, quando finiscono gli attimi di vacanza sulla neve di Saint Moritz, lui entra nei Cda, va nel suo ufficio, deve impartire ordini e deve avere quella cosa che si chiama credibilità e consapevolezza del proprio ruolo. Fa venire in mente Berlusconi quando metteva la bandana. È vero che il Cavaliere era in Sardegna, ma era pur sempre un primo ministro che accoglieva in quel modo Tony Blair e la moglie. Era unfit. Lui sta dimostrando degli aspetti incredibili, non so se glielo ha consigliato un armocromista o colui che viene considerato il più influente dei suoi amici, ovvero l'ingegner Carlo Ratti.
Ci dica di più su Carlo Ratti.
È un personaggio che finora non è mai uscito dall'ombra, ma che è importantissimo in questa storia. Vanno a vedere spesso dei concerti, partono insieme per Londra piuttosto che per Parigi. Lui oltre che essere un bravissimo professionista con studio a Londra e negli Stati Uniti, è una persona di altissimo livello. Ratti è il suo miglior confidente, amico di grande spessore intellettuale, con cui trascorre la maggior parte del suo tempo. Ma non c'è un rapporto come quello che si riteneva ci fosse tra John e Roberto Bolle, è però una persona molto influente nella vita di John.
E Lapo che fine ha fatto?
Se mettiamo su un immaginario tavolo tutte le fotografie delle innumerevoli donne che sono state attribuite a Lapo, chi in maniera vera e chi in maniera falsa, Joana Lemos la dobbiamo mettere al cinquantesimo posto, visto che sono 50 le donne che hanno affiancato Lapo in queste paparazzate. Lei è più grande di lui, ha due figli, che hanno più di vent'anni, è una donna con le palle. Ma al tempo stesso non si capisce che ruolo abbia.
Che ruolo potrebbe avere?
Hanno fatto firmare a entrambi un durissimo e rigorosissimo accordo prematrimoniale e quindi questo lascia presumere che lei abbia altri compiti, ovvero quello di rieducarlo. Potrebbe essere una badante di alto livello, che lo fa rigare dritto e che lo sgrida quando lui sbanda e ci sono certe regole che lui deve rispettare. Anche lei ovviamente ha delle regole che, nel caso in cui dovessero divorziare, essendo Lapo ricco come suo fratello, si entrerebbe in un altro gorgo da cui non so come se ne uscirebbe. Da quando si sono sposati, stranamente, e sono già passati alcuni anni, non ci sono più paparazzate sui giornali. Quindi non si vede più Lapo che barcolla uscendo da un locale, non c'è più lui che viene sorpreso dai fotografi in certe situazioni a bordo di una barca.
Questo non potrebbe voler dire che lui abbia messo la testa a posto?
No, questo non significa che Lapo abbia smesso di fare determinate cose, ma significa che la politica dei rapporti con i media all'interno della casa è cambiata.
Perché?
Perché fino a qualche anno fa sappiamo bene che cosa accadesse. Questo lo abbiamo visto soprattutto in un paio di processi, tra cui a New York, quando ci fu la notte del finto rapimento. Ma l'inizio, la pietra miliare, è la notte con Patrizia, cioè il pugliese transessuale soprannominato "il carabiniere" in cui veramente Lapo ha rischiato la vita. Patrizia in realtà è un travestito, il cui vero nome è Donato Brocco. La notte è quella tra il 9 e il 10 ottobre del 2005 e all'epoca Donato aveva 53 anni. Quello fu l'inizio di tutto, perché fece sapere a tutti che Lapo aveva questo tipo di frequentazioni. Non dobbiamo mai dimenticare una cosa che però non è mai stata messa sufficientemente in rilievo.
Che cosa?
Se Patrizia non avesse, con il suo ditone peloso che abbiamo noi uomini, composto il numero del pronto soccorso e non avesse avuto quella tempestività, oggi non saremmo qui a parlare di Lapo, perché lui ci avrebbe rimesso la pelle. La famiglia di Lapo deve tantissimo a Donato Brocco.
E come si sono comportati con lui?
Ovviamente è stato dimenticato e trattato malissimo. Una delle prime interviste fu proprio quella che fece Fabrizio Corona, immaginando che quell'intervista valesse centinaia di migliaia di euro perché ci sarebbe stata un'asta per averla. Fabrizio aveva fatto proprio un contratto con Donato, poche ore dopo che si era verificata la vicenda, perché lui aveva subito annusato la forza giornalistica di quel suo scoop. Motivo per cui lo mise sotto contratto con un'esclusiva per ogni intervista scritta, televisiva o servizio fotografico. Il primo a fargli l'intervista fu proprio Corona e offrì questa intervista, ma la offri a due persone sbagliate.
Perché?
I primi due che hanno ricevuto questa offerta, come era logico se fossimo in un mondo giornalistico italiano che non è schiavo e auto censorio, furono Bruno Vespa per quanto riguardava la Rai e a Enrico Mentana per quanto riguardava Canale 5. Loro, invece di rispondere “sì la compriamo e poi ci mettiamo d'accordo sul prezzo”, come tutti i giornalisti che hanno il fiuto sotto il naso, che pensano ai lettori e che hanno uno scoop clamoroso, non risposero niente se non che avrebbero dovuto parlare con i piani alti. A chiamare Corona fu sorprendentemente il capo di Publitalia, ovvero la concessionaria di pubblicità di Canale 5, che gli disse di essere venuto a conoscenza della sua proposta giornalistica, gli chiese il prezzo e poi gli disse che non erano interessati a comprarla. Poi si arrivò a una sorta di accomodamento per togliere l'intervista dal mercato e Corona ha acconsentito che quell'intervista fosse rifatta da Alfonso Signorini, che la pubblico su Chi, senza però fare un certo tipo di domande. La Rai ha ancora oggi deve dare una risposta.
Perché dice che la Rai deve dare ancora una risposta?
Perché la Rai non rispose nulla. La cosa strana è che Corona offre questa intervista alla Rai a Bruno Vespa e a Enrico Mentana e viene richiamato, a nome di tutti e due, dal capo di Publitalia. Non che quest'ultimo agisse anche per conto della Rai, ma lo faceva negli interessi di Lapo e della Fiat. Loro volevano far vedere che facevano un favore a loro ma non al giornalismo italiano.
E perché avrebbero dovuto fare un favore alla Fiat?
Per lo stesso meccanismo che è sempre scattato: una televisione, un giornale o una rete sa che la Fiat è sempre stata un grande cliente, che ha sempre fornito pubblicità per tot milioni di euro e quindi non conveniva diffondere e pubblicare immagini che potessero in qualche modo infastidire, nuocere o irritare la controparte. Questa è una cosa che la Fiat ha sempre fatto. Il fatto che telefoni Mediaset per bloccare un servizio e che la Rai si faccia i fatti propri è abbastanza chiarificatore. Corona subì poi un processo, perché lo vollero accusare di avere in qualche modo trasformato questa richiesta in una sorta di ricatto. Corona ha sempre fatto questa sorta di giornalismo borderline, ma c'erano delle immagini, per cui nessuno poteva dire che quello che lui stava sostenendo non fosse vero, che non fosse stato ricoverato in ospedale, che Lapo non avesse trascorso la notte assumendo varie sostanze con un travestito. Era tutto inoppugnabile e la notizia era vera. In quel momento le interviste giornalisticamente più importanti erano due: quella a Lapo, che però non poteva parlare perché era in ospedale, e Patrizia. Io non è che voglio difendere Corona, ma sto cercando di dire che è sorprendente che in un mondo giornalistico come quello italiano si chiamano due grandi conduttori come Vespa e Mentana e non vieni richiamato dai giornalisti a cui hai offerto il servizio giornalistico, ma dal capo della pubblicità di Mediaset, che a quanto pare decide anche i destini della Rai. Corona, ancora una volta, ha messo in luce le contraddizioni e le manchevolezze, nonché le varie ipocrisie di un certo giornalismo italiano. I propri lettori, in questo modo, vengono considerati come gente che non deve sapere, non deve vedere e non deve conoscere la verità sulla notte di Lapo. Questa storia è fondamentale per capire una serie di meccanismi.