Metti insieme due personaggi come Fabrizio Corona e Moreno Pisto, direttore di MOW, in una notte di mezza estate al Salotto d'Europa di Pontremoli, una manifestazione che ogni anno invita personaggi della cultura e dello spettacolo organizzando dei dibattiti pubblici. Come sempre in questi casi, la qualità la fanno gli ospiti, e con due bomber dell'informazione come loro le bombe non potevano mancare. Lo stato di salute della stampa italiana, la verità, la politica, l'informazione, passando per Temptation Island, Roberto Saviano e la rivoluzione. Ecco cos'hanno detto.
Il lucidismo
Moreno Pisto: «Lucidismo vuol dire mantenere una non-appartenenza, mantenere lucidità. Non è una corrente: il lucidismo c’è sempre stato. Pasolini era un lucidista. Giordano Bruno, e molti altri. I lucidisti ci sono sempre stati. C’è sempre stata quella mente che diceva: "Aspetta un attimo, fammi ragionare", mettendo in fila i fatti, cercando di dire qualcosa che non appartiene né a una parte né all’altra. La difficoltà, oggi, è che se dici “Viva la famiglia” sembri uno di destra. Ma porca miseria, ragazzi, com’è possibile? Com’è successa questa cosa? E succede anche al contrario: se dici un’altra cosa, sembri uno di sinistra. Va così. Ma non funziona così. Ci hanno abituati, da anni, a pensare in un certo modo, come se non ci fossero alternative. Ed ecco che nasce il pensiero pesante, no? Uno dice: "Il pensiero è pensante". Ma in realtà no. Perché stanno facendo di tutto per impedirci di pensare. C’è il cellulare, c’è l’intelligenza artificiale, ma ti pare che ormai la parola “intelligenza” debba esistere solo accanto a “artificiale”? È lì che dobbiamo dire: "Ok, buttiamo fuori, sfoghiamoci". Guarda qua: c’è Fabrizio. Lo criticano tantissimo perché dice la verità su tante cose, e lo fa in modo plateale, smaccato. E questa libertà, dove l’abbiamo persa? Perché oggi devi sempre stare attento. Se fai il giornalista, devi stare attento a non disturbare qualcuno. Ti arriva la diffida, la querela... Ti dicono che non puoi toccare quel politico, non puoi dirlo».

I giornalisti, l'invidia e il consenso
Moreno Pisto: «Ci sono giornalisti che attaccano altri giornalisti, giornalisti che cercano visibilità sfruttando altri giornalisti. Io, per esempio, ho smesso di parlare di alcune persone. E non sono nessuno, eh. Io non sono un cazzo di nessuno. Però ho detto: basta. Su MOW non parliamo più di questa roba qua. Io non ne voglio più parlare, perché credo che ci siano energie che meritano di arrivarti, ed energie che invece devi proprio evitare: quelle negative, di persone negative. Persone anche invidiose, oppure persone che sull’invidia, o sulla critica, ci costruiscono la viralità. Ognuno deve fare il suo percorso e dire le cose come crede che stiano. Il resto, se ti criticano o no, secondo me non cambia niente. Spesso qualcuno mi scrive: “Ah, tu hai detto questa roba perché cerchi il consenso”. E io rispondo: “Guarda che a me del consenso non me ne frega un cazzo. Non sono un politico. Non me ne frega niente”. Invece vedo, tante volte, che uno inizia a fare certe robe solo per avere l’applauso, per avere il like, per avere i numeri.»
Temptation Island e inclusione
Fabrizio Corona: «Se voi vi rendete conto che Canale 5, la rete ammiraglia di Mediaset, che ha l’obbligo di informare per gli ascolti, manda Temptation Island tre volte a settimana in prima serata. Ragazzi, credo sia una delle robe più vergognose che esistano sulla faccia della terra. Un programma dove uno prende una, se la scopre, e lo mandano tre giorni a settimana in prima serata. Non su Italia 1, su Canale 5.»
Moreno Pisto: «Fanno tutti gli inclusivi. E Temptation Island è una di quelle trasmissioni dove, cazzo, c’è proprio l’idea del possesso: “Tu sei mia”, “Tu sei mio”, “Non devi parlare con quello”, “Non devi andare con quell’altro”. Parliamo, facciamo le robe arcobaleno, l’inclusività, il rispetto per la donna... e poi lì no. Tu sei mia. No: tu sei mio. Però lo guardate tutti. E da questo punto di vista, sì: c’è un rincoglionimento culturale in atto, in questo Paese, da trent’anni. E nel mondo, più o meno, dallo stesso periodo. E come cazzo facciamo a uscirne?»

Lo stato di salute della stampa
Moreno Pisto: «Ormai le notizie ci vengono imboccate. Se non scrivi determinate cose in un determinato modo, Google non ti premia. Se non ti comporti in un certo modo sui social, quelle piattaforme non ti rendono visibile. E tutto quello che viene reso visibile, tutto ciò che viene spacciato da questi spacciatori di notizie, è tutto ciò che ti porta a comportarti in un modo veloce, immediato: devi scioccare, devi essere virale. Questa roba, inevitabilmente, ci porta a un appiattimento del pensiero. La complessità è diventata qualcosa che ti rende subito e automaticamente noioso. Se sei complesso, se cerchi di spiegare, non funzioni. Se sei complesso, non ti capiscono. Perché, fondamentalmente, sono riusciti a fare una cosa che è effettivamente un miracolo: hanno eliminato la grammatica del dissenso. Hanno eliminato la grammatica della complessità.»
Fabrizio Corona: «Io rido, scherzo, faccio il personaggio, però credo di averlo dimostrato, in questi sei mesi, che ho una marcia in più rispetto agli altri. Io credo che il giornalismo sia completamente morto. Cioè, non esiste: il giornalismo è morto. Non esiste un giornalista, non esiste un direttore di giornale, non esiste un editorialista. Le due testate più importanti che abbiamo in Italia, Corriere e Repubblica, vivono di notizie, passatemi il termine, del cazzo. Notizie che nessuno guarda, politicizzate. Non esiste più il giornalismo. Dimmi qual è l’inchiesta, negli ultimi anni, che è stata condotta da un quotidiano italiano. Non c’è. Dimmi qual è la notizia che ha dato un quotidiano italiano. Ti faccio un esempio. La notizia di oggi è la questione Epstein-Trump. Allora, se tu oggi mi chiedi la verità, e ci farò una puntata, io ti racconterò com’è questa questione. Che non è leggera, no. Trump viene avvertito dal ministro della giustizia americano su una notizia pubblicata dal Wall Street Journal, cioè un giornale importante, che fa un’inchiesta. E questa inchiesta viene fermata dal presidente americano, perché è vero, lo dico e lo dirò, che Trump faceva i festini e andava a fare quello che faceva. Punto. Cioè, io non ho visto un giornale che abbia approfondito. Potrebbero approfondire questa notizia, per esempio: Melania Trump è cresciuta a Milano, sai? Melania Trump faceva la modella a diciott’anni. Lavorava con un manager che si chiamava Paolo Zampolli. Zampolli ha aperto agenzie di modelle grazie ai soldi di Trump. Poi gli ha presentato Melania. Era tutto lì. Cioè, ti posso stare un’ora a spiegarti come funziona, perché Trump in questo è colpevole. E allora perché nessuno ne parla?».
Moreno Pisto: «Perché attaccare Trump in maniera pesante, in Italia, non è possibile? Perché in Italia non c’è un editore puro, ragazzi. Non c’è un cazzo di editore puro che faccia davvero informazione. Uno dice: “No, Fanpage è puro”. Non è vero. Hanno un’agenzia. Noi ne abbiamo parlato: Fanpage non è puro. A parte che dire “Mi controllano, pagate l’abbonamento a Fanpage” è una roba tremenda. Poi noi abbiamo scritto male dei The Jackal, ok? Cazzo, ci ha chiamato l’agenzia, che è la stessa che cura Fanpage. Quindi Fanpage non è un editore puro. Chora Media non è un editore puro, perché dietro ci sta gente che non fa l’editore. Non ci sono editori puri in Italia. Una volta, essere un editore puro era un valore. Oggi no. Non esiste più. Forse gli unici editori puri siamo noi. Forse, capito? Noi di MOW. Perché è una roba che te dici: “Ma questi qua con chi stanno? Con chi parlano?”. MOW nasce da un editore illuminato che faceva tutt’altro, non faceva informazione. Noi abbiamo fatto un’inchiesta sul Teatro San Carlo di Napoli. Probabilmente nessuno l’ha letta. Ok? Nessuno ne sa niente. Perché in Italia di questa roba non si parla. Il Teatro San Carlo di Napoli è la più grande istituzione culturale in Italia. La più grande. E lì c’è una fondazione. A capo di questa fondazione c’è il figlio del vicedirettore generale, che già è un ruolo che non dovrebbe nemmeno esistere. Perché lì c’è un soprintendente, ok? E questo vicedirettore ha il figlio a capo di una fondazione che organizza eventi in un posto che non ha nemmeno i permessi per farli. E poi ci sono altre nomine. Abbiamo fatto sette-otto puntate su questa roba qua. L’unico a scrivere qualcosa è stato un giornale che si chiama Stilo. Un giornale che si chiama Stilo. Poi noi siamo andati giù pesantissimo. L’unico quotidiano in Italia che ha scritto un articolo, a un certo punto, è stato Repubblica. E io mi sono chiesto: “Come mai Repubblica si è svegliata adesso?”. Due giorni dopo esce l’intervista al sindaco di Napoli, riparatoria, dove non gli chiedevano nulla sul Teatro San Carlo. E altri due giorni dopo viene fuori che De Luca e la Schlein avevano trovato l’accordo per candidare Fico alla Regione Campania. Allora lì ho detto: “Ok, adesso è tutto chiaro”.
Roberto Saviano: da martire a influencer?
Fabrizio Corona: «Uno come Saviano, perché deve farsi pubblicare i libri da Mondadori che è della famiglia Berlusconi? Lui potrebbe anche autoprodursi e uscire su Amazon, per dire. Lo abbiamo mai sentito parlare della trattativa Stato-mafia? Perché parla solo della camorra napoletana?».
Moreno Pisto: «Per carità, Saviano ci mette la faccia parlando dei boss e della criminalità. Cosa gli rimprovero io? Che è diventato più un influencer che un giornalista. Adesso deve stare sui trend, come quando il Bologna fa il goal all'ultimo minuto contro l'Inter e lui scrive che è stata sconfitta la curva più ndranghetista d'Italia».
Corona su Garlasco
Fabrizio Corona: «Il caso Garlasco credo sia la più grande presa per il culo giornalistica che esista sulla faccia della terra. C’è il teatro delle parti: tutti sanno che, parlando di Garlasco, si fanno ascolti stratosferici. Non portano una notizia. Seguono un’onda sul web, tutti uguali. E anche quelli che non ne vogliono parlare, alla fine ne parlano. Dicendo: “Io non ne parlo”, ma intanto ne parlano male, perché gli altri ne parlano. Detto questo: purtroppo, quello che interessa oggi è la cronaca. Ed è la cosa più seguita.»
Serve una rivoluzione?
Moreno Pisto: «La mia figlia più grande è disabile. Ha 19 anni adesso. Da quando è nata, non c’è stata una politica che sia di sostegno, di continuità, che sia rigorosa. L'istruzione e la sanità sono devastate, e chi paga tutti gli errori fatti? Ogni tanto mi viene da dire: ci vorrebbe una rivoluzione armata. Ma poi, se lo dici, ti arrestano. E l’ho detto: arrestatemi. Il discorso è che siamo in una situazione dove, veramente, non capisco perché non facciamo le barricate. Perché non ci incazziamo. La prima volta che ho intervistato Belen ero a Donna Moderna, si trattava di 15 anni fa, lei mi disse: “Se alcune cose che succedono in Italia succedevano in Argentina, la gente andava a infiammare le case dei politici.” Capito? Qui non succede, perché siamo anestetizzati».
