L’immagine è nitida e, forse, impietosa: le vacanze come le abbiamo conosciute stanno evaporando. A dirlo, tra gli altri, è Giuseppe Culicchia in un intervento su Huff Post dove prende le mosse dal racconto di Paolo Di Paolo pubblicato su Repubblica “Sono finite le vacanze dei Boomer”, il necrologio di un’epoca in cui l’ombrellone non era un privilegio, ma un diritto stagionale.
L’antefatto è noto: spiagge a pagamento disertate, tariffe da gioielleria per lettini e ombrelloni, panini e bibite a prezzi da ristorante stellato. Dal Veneto alla Liguria, dalla Puglia all’Abruzzo alla toscana, i gestori oscillano tra lamento e fatalismo. Solo a Paraggi, nota Culicchia, la clientela facoltosa non batte ciglio, qualunque sia la cifra richiesta per una giornata di mare.
Intanto i giovani scelgono spiagge libere (“avercene”) o la montagna low-cost. La durata del soggiorno si accorcia: addio ai mesi interi, addio anche alle due o tre settimane, spesso ci si accontenta di un weekend. Il motivo è lapalissiano: stipendi fermi da decenni e, per chi inizia a lavorare, offerte di contratto da 600 euro al mese. Una domanda, quasi retorica, sorge spontanea dallo scrittore e traduttore di Bret Easton Ellis: “E dove vai con 600 euro al mese?”.

I dati parlano chiaro: calo di presenze tra il 25 e il 40% negli stabilimenti balneari. Ma la riflessione di Culicchia non si ferma alle spiagge. Citando Woody Allen — “Ogni cento anni, Dio tira lo sciacquone e ciao” — Culicchia avverte che, una volta tramontata la generazione dei Boomer, a soffrire non sarà solo il turismo. Né il lusso, né l’auto. Il rischio è un’economia intera in affanno, compressa da un potere d’acquisto eroso fino all’osso, che “riducendosi in misura così radicale” farà calare “inevitabilmente i consumi di ogni ordine e grado”.
E allora, conclude Culicchia, non si parlerà più di resilienza, parola feticcio di questi anni segnati dal Covid, “ma di pura e semplice sopravvivenza”. Una frase che suona come avvertimento e presagio di un futuro in cui il mare potrebbe non essere più il termometro del benessere, ma il sintomo della sua scomparsa.
