Chiunque si metta in testa di attaccare Alessandro Barbero dovrebbe semplicemente mettere in conto che farlo equivale a tamponare una macchina ferma al semaforo rosso: non solo ti fai male, ma distruggi anche l’auto e alla fine devi pure pagare la multa. Scemo tre volte, come tre sono gli argomenti che suggellano l'esempio che ho appena fatto. Primo: quando il Professore fa un'affermazione, è difficile che questa non sia il frutto di un ragionamento valido e supportato da una struttura argomentativa fatta di premesse certe e documenti, tale da resistere a un assedio. Secondo: Barbero non è soltanto uno dei migliori intellettuali che abbiamo in Italia, ma è anche stato in grado, con il suo modo di spiegare e divulgare, di trasmettere quello che è l'amore per l'attività intellettuale, al punto che quell'amore gli è stato a sua volta ricambiato, arrivando a essere adorato da una grande quantità di persone, e non soltanto dagli studiosi o dagli accademici. Anzi, se Langone non avesse già indebitamente assegnato il titolo di miglior italiano vivente a Vittorio Sgarbi, io lo proporrei senz'altro a Barbero, con la sicurezza che, conoscendolo, non lo accetterebbe. Terzo: Barbero fa raramente dichiarazioni ideologicamente faziose, o comunque riducibili alla distinzione, dal gusto ormai un po' vintage, tra sinistra e destra. Questa volta, a tamponare l'auto ferma al semaforo sono stati la maggior parte dei giornaloni e giornaletti della destra, per usare di nuovo questa definizione un po' vintage. Il Professore, nel corso di un'intervista alla Stampa, ha detto che i centri sociali sono un elemento di ricchezza, sottinteso culturale, all'interno delle città italiane. Tesi suggellata, tra l'altro, da una lettera datata marzo dell'anno scorso e firmata, intergenerazionalmente, da tutta la scena musicale torinese, da Max Casacci dei Subsonica a Johnson Righeira, Ensi e gli Africa Unite, gli Eugenio in via di Gioia e Willie Peyote. Nella lettera si chiedeva al Comune di non sopprimere gli spazi culturali attivi, per poi destinarli inutilmente all'incuria e al degrado. La cultura salva il territorio. Chiudere e sgomberare il centro sociale non avrebbe in nessun modo eradicato la violenza di chi violento vuol essere, ma avrebbe soltanto eliminato la parte culturale, e virtuosa, di tutta la vicenda. Primo punto a favore di Barbero, che invece è stato accusato, per esempio dal Secolo d'Italia, di voler beatificare l'illegalità.
Il Professore ha poi aggiunto che i reati vanno puniti, ma che le responsabilità delle violenze sono individuali. Ma questo non piace alle controparti, anche perché si sa che è ben più facile fare di tutta l'erba un fascio, anziché distinguere, ed è quindi più comodo accusare i centri sociali in generale, come se fossero un'entità astrale che genera violenza ed emette sampietrini contro tutto ciò che passa. Certo, per non fare nemmeno troppo i sottili, c'è molta più violenza nel bollare l'operazione di salvataggio di Askatasuna come “morte della giustizia”, secondo quanto hanno detto i sindacati di polizia, o nel dire, come ha fatto Augusta Montaruli, rappresentante torinese di Fratelli d'Italia, la quale ha parlato esplicitamente di “violenza politica”. Eppure il ragionamento è facilissimo: i violenti si assumano le loro responsabilità, come è giusto che sia, ma un centro sociale non è soltanto quello che partecipa alle manifestazioni. Anzi, l'aspetto culturale è preponderante. Concerti, attività solidali, dibattiti. Lo stesso Barbero fu ospite di Askatasuna l'anno scorso, e sento già le voci che gridano “ah, allora lo vedi che è un comunistaccio assassino!”, ma in realtà il professore nel corso dell'incontro specificò, una volta partiti gli applausi per aver citato Marx, che stava soltanto esponendo il pensiero del filosofo, che non erano pensieri suoi, e che l'illusione del marxismo avrebbe condotto poi ad altre strade. Secondo punto a favore di Barbero: come ogni vero intellettuale, non è imparziale né parziale, ma è oltre le parti. Il ragionamento, come la Storia, è oltre al giudizio di valutazione. E Barbero passa sopra alla parzialità da sempre. Come nel caso della discussione sulle foibe, lanciata da Tomaso Montanari nel settembre del 2021. Il rettore dell'Università per stranieri di Siena, che è stato protagonista di una polemica recente con Paolo Mieli sull'Ucraina, parlò di falsificazione storica, a proposito dell'istituzione della Giornata del Ricordo, con la quale si vollero commemorare le vittime italiane dei partigiani jugoslavi. Giorgia Meloni auspicò, dalle pagine del Giornale, di voler fermare Montanari. Barbero invece, in un'intervista al Fatto Quotidiano, disse che, pur trovandosi d'accordo su qualche punto con Montanari, il fatto di scegliere una specifica atrocità per dichiarare che soltanto quella, e non altre, vadano insegnate ai giovani per trarne un insegnamento, era il problema maggiore. Tuttavia, in conclusione, aggiunse che lui preferirebbe vivere in un Paese dove chiunque, anche un fascista, può esprimere un'opinione senza per questo rischiare il lavoro. Ma anche qui il nostro Professore venne forzosamente travisato, al punto da essere costretto qualche giorno dopo a rettificare tramite un articolo di carattere prettamente storico sulle Foibe, aggiungendo che comunque l'istituzione di una giornata commemorativa non era sbagliata. Stendiamo poi un velo pietoso su chi poi, tornando a oggi, ha ricordato a Barbero che il presidente della Regione Piemonte, Alberto Cirio, vive sotto scorta da quattro anni, dopo che vicino ad Askatasuna furono trovati biglietti con un fotomontaggio del volto di Cirio sulla famigerata foto di Moro ostaggio delle Brigate Rosse. Per usare termini che utilizzerebbe Nicola Porro, questa gente si affossa, si zittisce e si umilia da sola. Il bene comune di cui è oggetto il provvedimento del Comune verso Askatasuna, non è certo, come riporta La Verità, quello di vivere sotto scorta, ma questo lo dimostra già il tentativo del comune, che è quello di salvare l'attività culturale del centro sociale, e contemporaneamente inibire la parte violenta. D'altronde il progetto prevede che l'immobile diventi di proprietà esclusiva del Comune, che in caso di problemi potrebbe sempre decidere di chiudere tutto. Certo, il Collettivo ha detto che non smetterà di fare cortei, ma come ci ha già ricordato il Professore, non tutti quelli che partecipano ai cortei si rendono responsabili di violenza. La verità è che Barbero è il vero bene comune, e chi cerca di tirarlo in mezzo a queste dinamiche da scontro manicheo, buoni contro cattivi, non ha capito nulla. Se volete continuare a considerare il dibattito pubblico come una sputacchiera verbale, in cui vince chi ha più catarro in gola, Barbero è, come la filosofia, un collutorio. Buttate pure giù il catarro, e lasciatelo in pace.