Dopo lo scoppio di ogni conflitto, l’opinione pubblica si spezza in due parti: chi sostiene l’invaso e chi l’invasore. Ognuno dei due schieramenti accusa l’altro di non tener conto del contesto, della storia, della visione di insieme. Altre volte viene criticata l’assenza di morale e l’ambiguità di certe dichiarazioni. L’ultima a essere finita al centro del dibattito è Elena Basile, ex ambasciatrice italiana in Belgio e in pensione dal 1 giugno di quest’anno. “È indifendibile l’arroganza, la hybris con la quale l’Occidente crede di appartenere a una civiltà privilegiata e a un giardino assediato dalla giungla”, ha detto lunedì a Otto e mezzo su La7. Inevitabile, per arrivare a una mediazione, e dunque a una risoluzione del conflitto, la comprensione delle cause delle parti coinvolte. “La mediazione si fa coi nemici. Putin e Hamas sono dei mostri ma dobbiamo fare la mediazione con loro, non con gli amici”. La paura di sporcarci le mani parlando con i dittatori lascia il tempo che trova, quindi. Ciò che conta è il riconoscimento del consenso palestinese nei confronti de regime di Hamas. Interrogarci sulle ragioni di un simile sostegno è il primo passo verso la diplomazia. Basile è anche perplessa rispetto alla trovata comunicativa di molti governi occidentali: “Mettere la bandiera ucraina o la stella di David è, secondo me, qualcosa che è priva assolutamente di significato. Il significato dell’Europa dovrebbe essere un altro: stabilizzare delle regioni del mondo e dare un contributo di pace”.
Ma chi è Elena Basile?
Elena Basile ha 63 anni e fin dal 1985 ha cominciato a lavorare per il Ministero degli Affari Esteri. Inizialmente svolse il ruolo di vicesegretaria dell’ambasciata italiana in Madagascar, per poi trasferirsi al consolato di Toronto. Dopo un periodo come consigliera e Prima consigliera a Budapest, nel 2003 diventa Ministra-Consigliera a Lisbona. Cinque anni dopo, ottiene l’incarico di Capo della Divisione OCSE (Organizzazione per la Cooperazione e lo Sviluppo Economico) della Direzione Generale per gli Affari Politici e di Sicurezza. È nel 2013 che inizia la sua carriera come Ambasciatrice: dal 2013 al 2017 svolge l’incarico a Stoccolma, trasferendosi poi a Bruxelles, dove è rimasta fino alla fine della sua carriera diplomatica. Oltre alle sue capacità politiche, Elena Basile si è sempre fatta riconoscere per le sue doti letterarie: è autrice dei romanzi Una Vita altrove (Newton Compton, 2014) e Miraggi (Castelvecchi 2018), ma ha realizzato anche alcune raccolte di racconti. In un’intervista a Il Riformista dell’aprile del 2022 aveva detto che “la scrittura che deve essere innanzitutto libera. Nel momento storico ed esistenziale che viviamo credo che le donne siano protagoniste”.
La sua posizione sulla guerra in Ucraina e il paragone con Alessandro Orsini
Durante l’ultimo anno e mezzo ha scritto sul Fatto Quotidiano con lo pseudonimo di “Ipazia”. Le sue posizioni vennero immediatamente bollate come filorusse e, quando nel luglio di quest’anno si rivelò come autrice degli articoli, le citriche si fecero ancora più violente: “La posizione di Kiev mette a rischio tutti gli ucraini”, era il titolo del suo primo articolo firmato con il suo vero nome. Il governo di Volodymyr Zelensky, sarebbe colpevole di "aver mandato a morte 250mila giovanissimi (arrotondo per difetto) e sta per farne massacrare altri assecondando la volontà della Nato". Adesso, in maniera analoga, le sue idee sono associate a una vicinanza eccessiva al regime di Hamas: Basile sarebbe colpevole di non aver preso le distanze dall’azione terroristica del 7 ottobre. Certi attacchi ricordano quelli rivolti al professore di sociologia e analista Alessandro Orsini, da un anno etichettato come filoputiniano a causa delle sue posizioni sul conflitto ucraino.
Lo scontro con Beppe Severgnini a "Otto e mezzo"
Nella puntata di lunedì di Otto e mezzo, a dibattere con l’ex ambasciatrice c’era Beppe Severgnini, vicedirettore del Corriere della Sera e da sempre contrario a ogni equidistanza, schierato “senza se e senza ma" a fianco dell’Ucraina prima e di Israele poi. Centrale per Severgnini è la possibilità, negata in Russia e nei territori palestinesi, di contestare l’operato dei governi. Benjamin Netanyahu ha certamente sbagliato, chiarisce il vicedirettore. Provocando Basile, però, prosegue: “Provi ad andare a Gaza, signora ambasciatrice, e a contestare Hamas. Se non partiamo dall’idea che quello che abbiamo visto è mostruoso e indifendibile e cominciamo a dire ‘sì, però’, facciamo un errore”. Niente da fare, ogni atteggiamento che tenta di distanziarsi dalla situazione in corso è un’ammissione di debolezza, di doppiopesismo inaccettabile. Basile insiste affermando che l’intreccio di interessi e influenze non è risolvibile in una presa di posizione netta. Inoltre, sottolinea, anche le democrazie occidentali sono imperfette. Specie se, come è accaduto per il governo israeliano, i criteri con cui valutiamo altre realtà politiche non sono stati rispettati. In gioco non c’è solo il diritto di difendersi: quello che occorre criticare è “il diritto di Israele di non applicare le risoluzioni Onu, di non rispettare le regole di potenza occupante, di permettere l’attività illecita degli insediamenti dei coloni”. Perché, sembra chiedere l'ex ambasciatrice lo stesso rigore con cui valutiamo l’operato di un’organizzazione criminale e terrorista come Hamas non viene applicato anche alle democrature come quella israeliana?
Le polemiche sono appena cominciate. Senza lasciarsi trasportare dall’intensità del momento, una discussione seria sull’accaduto deve lasciare spazio alla voce di esperti come Elena Basile. Idee discordanti come la sua sono necessarie a comprendere la complessità di un conflitto di cui sentiremo parlare ancora a lungo.