“Cerchiobottismo”, è la definizione dell’approccio giornalistico di Enrico Mentana che nel suo recente affondo contro il “Direttore” per eccellenza dei telegiornali italiani Andrea Scanzi ha sostanzialmente stigmatizzato, sottolineando una sua volontà di non prendere posizione su molte questioni se non quando lo schieramento è ovvio e evidente (come nel caso della laurea di Dario Fabbri). Un approccio che guardando al commento di Mentana sull’assalto di Hamas a Israele e al post Instagram del conduttore del Tg La7 sul barbaro attacco islamista al rave nel deserto in cui sono morti 260 giovani e decine di ragazzi e ragazze sono state sequestrate dai miliziani sta iniziando a creare contraccolpi nel suo stesso pubblico. Mentana, chiaramente, condanna gravemente l’accaduto. “Assaltare dal cielo una festa musicale con centinaia di giovani pacifici, ucciderne bestialmente 260, rapire altre centinaia non è un atto di guerra, è un crimine contro l'umanità e un atto che ogni essere umano dovrebbe condannare senza se e senza ma”, scrive nel post. E se il post si fosse fermato qui, sarebbe stato sacrosanto: è evidente che la manovra dei terroristi di Hamas contro dei giovani che festeggiavano pacificamente è stato un atto a freddo, odioso e brutale. Un “Bataclan” israeliano la cui condanna Mentana ritiene dovrebbe essere prioritaria per coloro che “hanno a cuore la causa palestinese”. Invece, aggiunge Mentana, “leggo bestialità e contorsionismi, pietosi tentativi di contestualizzazione e relativizzazione”. Una breve frase che ha scatenato le critiche della “base” di Mentana, alimentata a anni di “blast”, di maratone, di post sulla politica, la pandemia, la società alternati a uscite sull’Inter. Una base che ha respinto la foga con cui Mentana ha tagliato corto sulla questione.
La parola sotto accusa è “contestualizzazione”: Mentana, nella corsa a criticare l’orribile fatto, taglia corto su qualsiasi lettura più complessa della crisi. Come se non esistessero gli anni di crisi bilaterale tra Israele e Hamas, le rappresaglie incrociate, i bombardamenti di Gaza, le autobombe a Gerusalemme, le trincee di odio che anche grandi intellettuali come Amos Oz e David Grossmann hanno stigmatizzato. Quel “contestualizzazione” appare il classico tentativo di apparire più realisti del re: appiattirsi su una visione univoca, stile crociata “armiamoci e partite”. L’eccesso di zelo di fronte a un fatto su cui basterebbe spendere poche, precise parole di condanna. “Non vedo la stessa solerzia a parti invertite”, punge un utente, anche se il giorno dopo Mentana ha pubblicato poi un video degli effetti di un bombardamento israeliano su un mercato nella Striscia. Più duro un altro utente secondo cui la “contestualizzazione” va di pari passo con la ricerca delle cause che hanno provocato le morti di civili innocenti: “Ragioniamo anche delle cause di questo attacco in una visione complessiva? Perché questo il giornalista dovrebbe fare”, sottolinea l’anonimo Luca di Instagram richiamando alla differenza tra cercare le ragioni e dare ragione. “E allora perchè non parlare delle violenze, soprusi, negazioni dei diritti umani con cui da anni lo stato sionista reprime i palestinesi? Sono tutte facce della stessa medaglia ma qui se ne vuole guardare soltanto una”, l’affondo. “Le atrocità compiute da Hamas vanno fermate (e non condivise come giuste) come va fermato Israele nella colonizzazione forzata di territori che non gli spettano. Non lo dico io, lo dice l'ONU”, sottolinea un terzo follower, ascrivendo anche l’agenzia globale per eccellenza, simbolo dei diritti umani, come “contestualizzatore”.
“Contestualizzare non significa difendere” è la filigrana che accompagna gli affondi critici su Mentana. Il tema della discussione è chiaro: Hamas è un’organizzazione criminale e i civili pagano sempre il prezzo più alto delle guerre, ma capire come siamo arrivati a questo punto è vitale per la buona comprensione degli scenari. Israele, che nonostante le ferite resta una grande democrazia, sta dando una lezione in tal senso. In Israele si parla attivamente delle prospettive errate e degli errori politici che possono aver causato il flop securitario e anche la pianificazione dell’attacco di Hamas costato oltre mille morti al Paese. Non dimenticando di inserire tra le cause possibili dell’ira jihadista anche l’incentivazione della politica dell’odio contro i palestinesi da parte del governo di Netanyahu. “Il disastro che si è abbattuto su Israele durante la festività della Simchat Torah è chiaramente responsabilità di una persona: Benjamin Netanyahu", ha scritto Haaretz, il quotidiano più importante d’Israele. “"Quasi tutte le unità di leva dell'esercito erano impegnate a controllare e mantenere l'occupazione e l'impresa di insediamento. Un battaglione è stato coinvolto nella protezione di una sessione di preghiera tenutasi nella città palestinese di Hawara", ha aggiunto la testata, lanciando un tema politico fondamentale in parallelo al netto sostegno all’attacco ad Hamas a parte di Tel Aviv e di una risposta (proporzionata e non indiscriminata) all’aggressione. Caro Mentana, contestualizzare serve per evitare di ridursi allo stato di natura. E dunque assecondare la catena dell’odio che alimenta il consenso di organizzazioni come Hamas. Il nemico prima di essere affrontato va capito. Ragionare per assoluti, anche di fronte alla manifestazione del Male, è fuorviante. Anche per questo obiettivo. Mentana prenda appunti: post meno brevi, più diretti e che stimolino riflessioni. Evitando di dare, come contrappasso del cerchiobottismo, lezioni di morale e condotta.