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Ok, ma che caz*o succede in Ecuador? Ecco perché ricorda l’Italia delle stragi del ’92-’93

  • di Roberto Vivaldelli Roberto Vivaldelli

19 gennaio 2024

Ok, ma che caz*o succede in Ecuador? Ecco perché ricorda l’Italia delle stragi del ’92-’93
L’Ecuador è precipitato in una drammatica spirale di violenza dopo che il narcotrafficante José Adolfo Macías Villamar è scomparso dalla sua cella. Il pugno duro del giovane presidente Daniel Noboa non sembra stia risolvendo la situazione, anzi. E quello che sta accadendo nel Paese sudamericano ricorda un po’ l'Italia delle stragi mafiose, all’inizio degli anni Novanta: ecco perché

di Roberto Vivaldelli Roberto Vivaldelli

L’Ecuador è precipitato in un caos politico-sociale che ricorda per certi versi l’Italia del 1992, quella dell’inchiesta di Mani pulite e delle stragi mafiose costate la vita a Falcone e Borsellino. L’ultima tappa di questa drammatica fase del Paese sudamericano in stato di emergenza per via della guerra dello stato contro i narcos riguarda l’uccisione del procuratore César Suárez, incaricato di indagare sull’assalto negli studi televisivi di Tc Televisión lo scorso martedì 9 gennaio quando un gruppo di narcotrafficanti ha fatto irruzione durante una trasmissione televisiva pubblica tenendo i giornalisti sotto tiro mentre la telecamera trasmetteva in diretta l’evento. Come confermato dal procuratore generale Diana Salazar, Suárez è stato ucciso mentre era alla guida del suo veicolo a Guayaquil, la città più pericolosa dell’Ecuador. Autore di inchieste di altissimo profilo, era conosciuto nel Paese per aver portato a termine il caso Metastasis, che coinvolgeva un signore della droga ecuadoriano che avrebbe ricevuto un trattamento di favore da giudici, procuratori, agenti di polizia e alti funzionari. La sua morte è l’emblema della crisi che vive il Paese. Nelle ultime settimane l’Ecuador è stato scosso da una serie di eventi drammatici, tra cui il rapimento di diversi agenti di polizia, dopo che il narcotrafficante José Adolfo Macías Villamar, leader dei Los Choneros, una delle bande ecuadoriane ritenute responsabili di un’impennata di attentati, rapimenti e omicidi è scomparso dalla cella del carcere dove stava scontando una condanna per traffico di droga. La sua scomparsa, avvenuta all’inizio di gennaio ha indotto il governo a dichiarare lo stato di emergenza con l’invio dei militari nelle carceri: ma il pugno duro del presidente Noboa ha ulteriormente provocato una dura rappresaglia da parte dei trafficanti di droga. I membri delle gang si sono ribellati nelle carceri, prendendo in ostaggio le guardie; all’esterno, i narcos hanno fatto esplodere esplosivi sui ponti. Il presidente ecuadoriano Noboa ha affermato che il Paese si trova in uno stato di “conflitto armato interno”, designando 22 bande come organizzazioni terroristiche e ordinando ai militari di “neutralizzarle”. In seguito, più di 300 persone sono state arrestate, secondo le autorità. Ma la situazione nel Paese rimane tesissima. Nonostante la pericolosa escalation, l’ondata di violenza e disordini nel Paese non può essere circoscritta alle ultime settimane. L’11 agosto scorso, infatti, Fernando Villavicencio, giornalista e attivista politico nonché candidato alle elezioni presidenziali era stato ucciso a colpi di arma da fuoco al termine di un comizio.

Presunti terroristi arrestati a Guayaquil, in Ecuador
Presunti terroristi arrestati a Guayaquil, in Ecuador

L’allora presidente uscente della nazione sudamericana, Guillermo Lasso, decretò così lo stato d’emergenza per un periodo di sessanta giorni. Il 15 ottobre, ad appena 35 anni, Daniel Noboa, ex magnate delle banane di centro-destra, ha vinto le elezioni presidenziali con il 52% dei voti, staccando la rivale di sinistra Luisa Gonzalez. Durante la campagna elettorale, Noboa ha proposto di incarcerare i detenuti più violenti su navi al largo della costa sul Pacifico, al fine di risolvere l’annosa problematica delle carceri sovraffollate, oltre a militarizzare porti e confini nazionali per fermare il traffico di droga. Il ricco imprenditore aveva promesso di portare “la pace” a un Paese devastato dalle violenze legate al narcotraffico: così, purtroppo, non è stato e il suo approccio repressivo potrebbe alimentare ulteriormente la crisi. Come nota Foreign Policy alcune repressioni governative contro la criminalità in America Latina sono state seguite da livelli di violenza ancora più elevati. È il caso del Messico, dove l’allora presidente Felipe Calderón dichiarò guerra alla droga nel 2006. Un attacco militare frontale contro le bande mise fuori gioco i leader ma portò alla frammentazione dei gruppi criminali organizzati e i livelli di criminalità violenta e di omicidi aumentarono vertiginosamente. Una lezione che Noboa non sembra aver imparato. Alla base della grave crisi di un Paese che un tempo sembrava un’oasi felice di 18 milioni di abitanti rispetto ai due Paesi confinanti, Colombia e il Perù, i due maggiori produttori di cocaina al mondo, c’è il commercio globale di droga e il traffico di grandi quantità di cocaina sudamericana che viaggia verso l’Europa. In particolare, una città come Durán, situata dall’altra parte del fiume rispetto a Guayaquil, la più importante città portuale dell’Ecuador, è diventata, secondo un reportage del Guardian, un punto di transito strategico per il narcotraffico su cui hanno messo le mani anche organizzazioni criminali straniere, tra cui due cartelli messicani. Ad esempio, la banda venezuelana Tren de Aragua notoriamente molto violenta ha iniziato a comparire in Ecuador nell’ultimo anno. Lo stesso è successo con le bande messicane e colombiane presenti a Quito e Guayaquíl. Come riferisce il Guardian l’anno scorso almeno 407 persone sono state uccise a Durán da bande come i Latin Kings e Los Águilas (le Aquile), rendendo la poco conosciuta città ecuadoriana una delle più violente del mondo, al pari di città ben più note come Tijuana. Tra le cause che hanno spinto molti giovani ecuadoriani ad unirsi ai narcotrafficanti ci sono le conseguenze economiche - devastanti - della pandemia del 2020/2021 e accordo di pace del 2016 tra il vicino governo colombiano e i ribelli delle Farc, che controllavano le rotte del traffico di droga nel nord dell’Ecuador, e rispetto alle quali ora le bandi si contengono il controllo. Ma c’è anche un’altra causa, che riguarda direttamente l’Europa, poiché la crisi in Ecuador è inoltre il risultato diretto della domanda sempre crescente di droga nei Paesi più ricchi. E se la domanda di cocaina in Europa sale, allora cresce anche il numero di bande di narcotrafficanti disposte a smerciarla dal Sud America al Vecchio Continente. L’Italia è una delle mete predilette: secondo un rapporto dell’Agenzia europea delle droghe del 2022, il nostro Paese è infatti quarto in Europa per consumo di cocaina. Non avremo i conti pubblici più solidi dell’Ue ma in questo campo siamo certamente tra i migliori.

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