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Ok, ma cosa succede a Leonardo con la protesta di Extinction Rebellion? Hanno occupato la sede di Roma "complice di genocidio": le accuse di alimentare il massacro a Gaza con armi e tecnologia, mentre il governo fa finta di non sentire…

  • di Angela Russo Angela Russo

29 aprile 2025

Ok, ma cosa succede a Leonardo con la protesta di Extinction Rebellion? Hanno occupato la sede di Roma "complice di genocidio": le accuse di alimentare il massacro a Gaza con armi e tecnologia, mentre il governo fa finta di non sentire…
Durante una serie di azioni di disobbedienza civile nell’ambito della campagna Primavera Rumorosa, gli attivisti di Extinction Rebellion hanno occupato la sede romana di Leonardo S.p.A., accusando l’azienda di alimentare il conflitto a Gaza con la vendita di armi e tecnologie militari. Con gesti simbolici come lo striscione “Disarmare la Terra” srotolato al Colosseo durante i funerali di Papa Francesco, il movimento denuncia l’ipocrisia delle istituzioni e il legame tra militarismo, crisi climatica e interessi economici

di Angela Russo Angela Russo

“Non ci sarà mai pace finché esisteranno le armi”. È con questo spirito che gli attivisti e le attiviste di Extinction Rebellion hanno dato vita a un’azione clamorosa: hanno occupato la sede produttiva di Leonardo S.p.A., gigante italiano dell’industria bellica e aerospaziale, nella periferia romana. Dopo aver invaso il Ministero della Difesa il giorno prima, il collettivo ha spostato il suo focus sul colosso a partecipazione statale, accusato di avere legami troppo stretti con il comparto militare israeliano. Sulla facciata dello stabilimento è comparso uno striscione inequivocabile: “Leonardo complice di genocidio”, facendo riferimento ai continui attacchi israeliani sui territori palestinesi. Delle persone si sono incatenate ai cancelli, mentre altre sono entrate e hanno occupato l'ingresso dell'edificio. Altre ancora si sono stese a terra, all'ingresso, sporche di pittura, per ricordare il sangue del popolo palestinese. Con l'aiuto di attrezzature da arrampicata, alcuni manifestanti sono saliti sopra l'ingresso. Poi l'intervento delle forze dell'ordine: molti di loro sono stati sgomberati. Tra i manifestanti, un giovane attivista ha preso la parola: "Lo stiamo facendo perché la Leonardo, assieme al governo italiano e quasi tutti i governi del mondo hanno le mani sporche di sangue, il sangue del popolo palestinese che da quasi due anni è sotto le bombe e da molti di più è vittima di un’occupazione e il sangue della mia e delle future generazioni, che pagheremo nel futuro, nella propria vita, il prezzo di scelte scellerate e guerrafondaie del presente". Secondo i militanti di Extinction Rebellion, nonostante le rassicurazioni ufficiali, Leonardo avrebbe proseguito a sostenere l’apparato militare israeliano, fornendo supporto tecnico per i jet M-346 e vendendo armamenti come i cannoni navali 76/62 Super Rapido, impiegati nei raid su Gaza dopo l’escalation dell’ottobre 2023. La posizione dell’azienda si è ulteriormente rafforzata con l’acquisizione della società israeliana RADA Electronic Industries, consolidando la cooperazione industriale nel settore della difesa. Ed è proprio questa espansione in un contesto di conflitto a far scattare la protesta, che non riguarda solo la guerra, ma anche la questione climatica. 

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Uno striscione esposto fuori la Leonardo S.p.a.
Uno striscione esposto fuori la Leonardo S.p.a.

La protesta fa parte di Primavera Rumorosa — ispirata al celebre libro di Rachel Carson Silent Spring — una mobilitazione nazionale che unisce ambientalismo e antimilitarismo, portando in piazza il grido contro le politiche climatiche giudicate “insufficienti e ipocrite”. A marzo, la stessa campagna aveva già colpito con un’azione simbolica presso il museo Intesa Sanpaolo di Torino. Ora è Roma a essere teatro della protesta, che ha scelto i giorni tra il 25 aprile e il 1° maggio — date dense di significato sociale e storico — per rendere visibile la propria rabbia. Il tutto con azioni ad alto impatto ma rigorosamente non violente. Lunedì sera, il primo blitz — nella sede dell’Aeronautica Militare — è stato sgomberato dalla polizia. Ma l’episodio più simbolico si è svolto durante i funerali di Papa Francesco. Mentre il mondo politico si stringeva per commemorare il pontefice, sei attivisti hanno calato un enorme striscione dalle arcate del Colosseo con le parole “Disarmare la Terra” — una frase dello stesso Papa Francesco, tratta dalla lettera inviata al Corriere della Sera nel marzo scorso. La polizia ha rimosso lo striscione in breve tempo e ha portato via i sei attivisti al commissariato di Celio, nonostante avessero fornito i documenti, non opposto resistenza e non causato alcun danno. Ma questo non ha fermato il movimento. Perché, come sostengono loro, non c’è giustizia climatica senza giustizia sociale e disarmo. Proprio in quei giorni, infatti, il ministro della Difesa Guido Crosetto confermava l’aumento della spesa militare italiana al 2% del PIL — un impegno preso da Giorgia Meloni con Donald Trump — con l’obiettivo, nel lungo termine, di arrivare addirittura al 5%. Si tratta di un triplicare i fondi per l’apparato bellico, passando da 32 a oltre 100 miliardi di euro, sottraendoli a sanità, welfare e interventi climatici: "Fate chiasso, aveva detto Papa Francesco a chi lottava per la difesa della Terra. E allora sì, oggi facciamo chiasso. Perché la coerenza vale più della sobrietà, e il futuro ha bisogno di rumore", ha concluso Extinction Rebellion.

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