Nel giallo senza fine di Garlasco, stavolta a parlare - anzi, a sfogarsi - è Stefania Cappa, cugina di Chiara Poggi e sorella della celebre “gemella”. La sua voce, rotta dal pianto, arriva direttamente da due intercettazioni inedite trasmesse da Quarta Repubblica, risalenti a febbraio 2008. Sono passati sei mesi dall’omicidio e Stefania, al telefono con un’amica, dice chiaramente di non farcela più. “Per me è uno schifo, sto proprio di m…a”, si sente dire nella prima chiamata, datata 9 febbraio. “Ho cercato di rifarmi una vita, ma mi vengono ancora a prendere per interrogarmi”. La voce è tremante, ma la rabbia sale. Ce l’ha con tutti: con i carabinieri, con i pm, con un sistema che - a suo dire - invece di cercare la verità, “rovina la gente”. Poi lo scoppio: “Quando sono entrata lì l’altro giorno, guarda quante gliene ho dette... parlano con le loro mazzette da 500 euro per dire un c…o!”.Il riferimento a quei soldi resta incerto, ma la frustrazione è cristallina. A interrogarla, quella volta, non sono i carabinieri ma la pm Rosa Muscio, che - racconta Stefania - le avrebbe subito fatto la ramanzina: “Se dichiara il falso sarà usato contro di lei”.

E poi la confessione più pesante: Stefania avrebbe tentato di comunicare una “cosa nuova importantissima per le indagini”. Ma non lo ha fatto subito. Il motivo? “Dopo che i miei verbali li ho visti pubblicati su Libero e nei Tg, secondo lei venivo qui a dire qualcosa? Lei (la pm, ndr) è diventata bordeaux”, racconta tra l’indignato e il sarcastico. Ma c’è di più. Il secondo audio, datato 13 febbraio, è ancora più esplosivo. Stavolta Stefania parla con un amico e la rabbia monta: “Se volevi vedermi incazzata, questa era la volta buona!”. Il motivo? Gli investigatori avrebbero prelevato il tutore ortopedico della sorella malata, un oggetto enorme, “dall’inguine alla caviglia”. Una mossa che lei giudica non solo inutile, ma anche vergognosa. “Ma non vi vergognate? È una ragazza malata! Prendete le biciclette, le scarpe, tutta la casa... ma il tutore no!”. Quando chiede perché non l’abbiano preso sei mesi prima, la risposta che riceve la manda in tilt: “Perché se fossimo venuti prima, immagina cosa avrebbero detto i media”. A quel punto, l’affondo definitivo: “La figura di m…a l’avete fatta voi, non i media”. Due telefonate private, intense, rabbiose. Ma che dimostrano anche come siano state condotte le indagini nei mesi successivi al delitto. Stefania Cappa non è solo una testimone o una parente: è una giovane donna che ha visto la sua vita “andare in pezzi”, come racconta.
