La modalità omicidiaria, le coltellate alla schiena e quella al costato, avevano con ogni probabilità lo scopo di impedire a Sharon Verzeni di identificare il suo assassino. Forse, però, il suo piano è sfumato. Drammaticamente sfumato. Perché Sharon, lo sappiamo, ha fatto in tempo a chiamare il 118 e a dire “Mi ha accoltellata”. E forse non come si pensava inizialmente “Mi hanno accoltellata”. Che significa? Nel linguaggio comune, il passaggio dal singolare al plurale, o viceversa, può sembrare irrilevante. Tuttavia, in un contesto investigativo, questo dettaglio può assumere una rilevanza cruciale. Oltre a essere altamente risolutivo per dipanare la matassa. La scelta del singolare, “Mi ha accoltellato” potrebbe suggerire che Sharon abbia riconosciuto il suo aggressore. O, quantomeno, credesse di averlo fatto. È un'affermazione che, se presa alla lettera, restringerebbe il campo degli investigatori verso una cerchia ristretta di individui, che potrebbero essere molto vicini, magari legati da una relazione affettiva con la vittima. Se consideriamo l'ipotesi che la poco più che trentenne abbia effettivamente riconosciuto il suo assalitore, si aprono dunque diverse possibilità investigative. Come sostenuto fin dall’inizio, si è trattato per Sharon di un vero e proprio agguato. Una trappola mortale architettata da chi quella sera si era prefigurato un unico obiettivo: ucciderla. Le coincidenze, ormai lo sapete, non esistono sulla scena di un crimine. Non esistono killer particolarmente fortunati. O quantomeno è impensabile che si verifichino troppe circostanze capaci di avvantaggiarlo in ogni fase del delitto stesso. Non solo di avvantaggiarlo, quindi, in quella preparatoria ed esecutoria, ma anche in quella successiva e relativa alla gestione ed alla ricerca di un’ipotetica impunità. Sharon è stata uccisa nell’unica sera in cui era uscita in solitaria, in un orario non consueto e dopo che per tre giorni che non era andata a camminare. Un dettaglio, quest’ultimo, non di poco conto considerando che esclude la sistematicità delle uscite e dunque l’ipotetico appostamento casuale di un killer di fortuna. Analogo discorso deve farsi per l’ipotetica azione di un balordo che ha agito in maniera estemporanea e quindi senza premeditazione alcuna. Ed il perché è lampante e dipende anche dall’ultimo tassello della vicenda.
L’assassino di Sharon ha colpito nel punto esatto in cui non c’erano le telecamere a cristallizzarlo. Un elemento che, in genere, basta di per sé ad escludere che si sia trattato di un reato opportunistico. In verità, se questa indiscrezione del “Mi ha accoltellata” venisse confermata arriveremmo alla chiusura di un cerchio che io avevo preannunciato. Sharon aveva una vita specchiata: poche amicizie, nessun cono d’ombra. Nessuna circostanza psicologica, biologica o comportamentale che la potesse esporre a cadere vittima di un un’aggressione così brutale e feroce. Un rischio vittimologico basso. Bassissimo. Confermato anche dall’autopsia psicologica, vale a dire la ricostruzione bibliografica degli ultimi sei mesi di vita della giovane attraverso le testimonianze di parenti, compagno ed amici. Niente che potesse far presagire o innescare una fine così atroce. Ad ogni modo, chiaramente, non bisogna trascurare il dato per il quale il trauma di essere accoltellata potrebbe aver innescato una risposta verbale istintiva di Sharon. Non necessariamente legata a una percezione chiara della realtà. Quel che è certo è che anche l’arma del delitto ricondurrebbe a un crimine di natura passionale. Essendosi trattato del canonico coltello da cucina. Una modalità che trasuda vendetta. Come trasudano odio e risentimento le coltellate inferte alle spalle. Massimo danno con il minimo rischio per chi le ha sferrate. Intanto, anche oggi, i carabinieri sono tornati nell’abitazione di via Merelli a Terno d’Isola dove la vittima viveva con il fidanzato da tre anni. E anche nel sopralluogo odierno, come in quello di ieri, era presente anche Sergio Rucco. Che al momento non risulta essere indagato. Il buon vecchio “Rasoio di Occam” suggerisce sempre nel corso di un’indagine di non moltiplicare gli elementi senza necessità. In termini ancor più chiari, quando ci troviamo di fronte a più spiegazioni possibili per un fenomeno, la spiegazione più semplice, quella che fa il minor numero di assunzioni, è probabilmente quella corretta. Giro di boa.