Una telefonata. Un dettaglio. Uno di quelli che restano lì per mesi, sepolti tra pagine di verbali, tabulati e mezze verità. Finché qualcuno non lo nota. E allora tutto cambia. È successo riguardando i dati dell’inchiesta su Liliana Resinovich, la 63enne scomparsa da Trieste il 14 dicembre 2021 e ritrovata cadavere nel boschetto di San Giovanni. Un cold case solo in apparenza. Perché Sebastiano Visintin, marito di Liliana e oggi unico indagato per omicidio, ha chiamato il cellulare della moglie alle 15.28.01, usando il telefono di casa. Ma a quell’ora, dicono i tabulati, tutti i dispositivi si trovavano dentro l’appartamento. Inclusi i due cellulari della donna. “Sebastiano Visintin ha chiamato da casa la moglie il 14 dicembre 2021 alle 15.28.01, ora in cui i loro telefoni, sia il suo che i due di Liliana, si trovavano proprio nell'appartamento”. Ma c’è di più. Perché alle 14.56, Visintin aveva risposto a una chiamata arrivata proprio da uno dei telefoni della moglie. Quello stesso cellulare che mezz’ora dopo avrebbe provato a contattare lui stesso. La telefonata era durata pochissimo. “Ho sentito una persona ansimare”, dirà in seguito. Quella voce ansimante era Claudio Sterpin, amante di Liliana, che da ore provava a rintracciarla. Un dettaglio fondamentale, secondo gli esperti sentiti dal settimanale Giallo, perché significa che Sebastiano sapeva perfettamente che i telefoni non erano con Liliana, ma a casa, nella sua disponibilità. Domanda inevitabile: perché chiamarla sapendo che quei telefoni erano già lì con lui? La risposta potrebbe trovarsi nei 13 punti chiave dell'inchiesta bis, ripartita da zero con una nuova ipotesi: Liliana non si è tolta la vita, ma è stata uccisa. E il suicidio, secondo chi indaga, sarebbe una messa in scena.

Il fascicolo è oggi formalmente aperto per omicidio. A Trieste è stato avviato un nuovo incidente probatorio, con un team multidisciplinare di esperti e periti incaricati di analizzare i reperti, tra cui i 700 coltelli sequestrati a casa Visintin, per valutare eventuali compatibilità con il cordino che chiudeva la busta di plastica trovata sulla testa di Liliana. Il collegio peritale ha 120 giorni per lavorare su campioni genetici, fibre, impronte. I nuovi accertamenti cominceranno l’8 settembre all’istituto di medicina legale di Ancona. E intanto si indaga anche su un particolare apparentemente minore, ma forse cruciale: un capello trovato sul corpo, che potrebbe appartenere al medico legale Fulvio Costantinides, primo ad accedere alla scena. In un video lo si vede piegarsi sul cadavere senza protezioni e con i capelli sciolti. A guidare la nuova task force per il giudice Mangiante ci sono Paolo Fattorini, presidente Gefi, Chiara Turchi, biologa molecolare, ed Eva Sacchi, ex maggiore del RIS di Roma. Per la Procura scendono in campo Elena Pilli, Rosario Casamassima e Oscar Ghizzoni. La parte civile ha scelto tra gli altri Fabiola Giusti, Marina Baldi ed Emiliano Giardina, affiancati dai medici legali Fineschi, D’Errico e Bacci. La difesa punta invece sulla genetista Noemi Procopio, sul medico legale Raffaele Barisani e sull’ex comandante del RIS di Parma, il generale Luciano Garofalo. Un esercito di nomi grossi, che ha un compito difficile: arrivare alla verità entro il 5 gennaio, anniversario del ritrovamento del cadavere. Per capire se quella telefonata delle 15.28 non sia solo un’anomalia nei tabulati, ma la chiave di un delitto.

