Un elenco inquietante, che sembra l’inventario di un film noir. Ma è reale. È quello che la Squadra Mobile di Trieste ha sequestrato martedì scorso nella casa di Sebastiano Visintin, 73 anni, ex fotografo, ora ufficialmente indagato per l’omicidio della moglie, Liliana Resinovich, scomparsa il 14 dicembre 2021, ritrovata morta il 5 gennaio nel parco dell’ex ospedale psichiatrico. Coltelli, forbici, tronchesi, cesoie. E poi un maglione, dei guanti, persino delle posate: questi sono gli oggetti requisiti dagli investigatori. Una svolta che arriva dopo anni in cui il caso era rimasto incagliato nella pista del suicidio. Tesi che non ha mai convinto davvero nessuno. E nemmeno il gip, che ha chiesto nuovi accertamenti. Sebastiano ha deciso di evitare il confronto con la stampa. E parte in direzione Carinzia, Austria. Da lì, spiega: “Mi preparo e prendo la bici, forse vado a Felden, farò il giro del lago. Nel pomeriggio andrò in sauna”. Relax, nonostante tutto. L’uomo dice di essere “tranquillo” e “sereno”. Anche dopo aver ricevuto l’avviso di garanzia durante la perquisizione in casa. A Quarto Grado ha detto che gli agenti hanno visionato anche il suo computer, pieno di “600 mila foto di me e Liliana durante i nostri viaggi”.


Ma i guanti e quel maglione sequestrati riportano un dettaglio: “Un’impronta guantata” trovata su uno dei sacchi in cui era stato rinchiuso il corpo di Liliana. Unica traccia rimasta. E adesso quegli oggetti tornano centrali. Sebastiano ribadisce: “Erano già stati altre volte qui da me, non ho cambiato nulla dentro e non mi aspettavo che sarebbero tornati, ma resto sereno, vedremo cosa diranno”. Il suo avvocato, Paolo Bevilacqua, ha detto che l’avviso è “un atto dovuto che stupisce a distanza di così tanto tempo dall’originaria iscrizione di reato”. E si chiede: “Perché proprio Sebastiano?”, ma soprattutto: “Perché solo lui?”. Claudio Sterpin, 80 anni, l’uomo che Liliana stava frequentando poco prima della morte – e con cui progettava, secondo le sue parole, una nuova vita – ha commentato: “Finalmente! Da tre anni aspettavo questo momento. Un grazie va a Sergio e agli altri familiari di Liliana che hanno evitato la cremazione, consentendo all'inchiesta di avere questo sviluppo”. E proprio Sergio, fratello della vittima, ha aggiunto: “Spero che gli inquirenti vadano avanti, facciano il loro lavoro”.
