La verità sulla frattura alla vertebra T2 di Liliana Resinovich non arriva da una confessione, ma da una TAC. Ed è proprio lì, nelle immagini scattate l’8 gennaio 2022 – tre giorni dopo il ritrovamento del corpo e tre giorni prima dell’autopsia – che gli esperti l’hanno individuata: la lesione c’era già. Quindi no, non può averla causata il tecnico preparatore anatomico che ha partecipato all’esame autoptico l’11 gennaio. Anche se, mesi dopo, si è presentato dagli inquirenti sostenendo di poter essere stato lui. Quella confessione, che aveva già fatto storcere il naso alla famiglia Resinovich, oggi viene smentita ufficialmente da un lavoro tecnico firmato da Vittorio Fineschi e Stefano D’Errico. I due esperti, incaricati di rivedere nel dettaglio le immagini della TAC, non hanno lasciato dubbi: la frattura alla T2 era preesistente. Dunque, come afferma l’avvocato Nicodemo Gentile, legale del fratello di Liliana, “le dichiarazioni del pirotecnico preparatore anatomico rappresentano un bluff”. E per questo motivo Sergio Resinovich lo ha querelato per falso.


Ma la domanda ora è un’altra: perché mentire? E soprattutto, per conto di chi? Sergio chiede che venga fatta piena luce su quella confessione tardiva e senza fondamento. Vuole sapere se il tecnico stia coprendo qualcuno, se sia stato spinto a intervenire per depistare l’inchiesta. E invita a scavare nei contatti del preparatore con tutte le persone coinvolte nella morte di sua sorella. Come se non bastasse, ha anche scritto al Ministro della Salute per chiedere un’ispezione urgente nel reparto in cui lavora il tecnico. Non solo per accertare la veridicità delle sue dichiarazioni, ma anche per verificare le modalità con cui quel luogo – che dovrebbe essere sacro e silenzioso – è stato trasformato, come scrive Gentile, in “una rumorosa sagra di paese”, almeno a giudicare dai contenuti social pubblicati dallo stesso tecnico. La frattura resta. Ma adesso è chiaro chi ha provato a confondere le acque. E chi, invece, continua a cercare risposte.

