Un biglietto dimenticato, due grafie diverse e un numero che potrebbe riaprire il caso di Garlasco da un punto mai esplorato. A farlo è Luigi Grimaldi, regista e autore, che ha seguito il delitto per anni con Le Iene. Oggi, da indipendente, continua l’indagine sul suo canale YouTube, con un lavoro che – dice – “non è un mestiere, ma una necessità. Mi interessa la verità, qualunque sia”. Grimaldi riparte da un dettaglio rimasto nell’ombra: un post-it attaccato sopra la scrivania di Chiara Poggi. Niente di clamoroso in apparenza. Ma basta ingrandire l’immagine per leggere una frase: “Il telefono del detective squillò Dreen. 4146, una soffiata”. E sotto, una nota in un’altra grafia: “Sei fuori come un Dreen”. “Chiara – spiega Grimaldi – aveva l’abitudine di appuntarsi frasi. Ma questa è diversa. Parla di telefoni, di una soffiata. E c’è quel numero: 4146. Un codice che, scopriamo, era usato da enti pubblici per far telefonare i propri dipendenti con addebito diretto al ministero o su conti convenzionati. Una cosa da addetti ai lavori, non da ragazze di provincia”. Chiara non lavorava per lo Stato. Ma aveva raccolto, nella sua famosa chiavetta USB, materiale inquietante: abusi su minori, violenze, omicidi irrisolti, e persino appunti sulla cocaina – “lo ha scoperto anche Gianluca Alzanella sul canale Darkside”, dice Grimaldi –. E poi c’è il legame oscuro con quella presunta setta satanica attiva da anni a Garlasco e dintorni. “Di quella parleremo presto”, promette. Ma ora il focus è sul telefono. O meglio: su un ipotetico secondo telefono di Chiara Poggi. “L’ingegner Roberto Porta, perito del tribunale, mi ha confermato che se Chiara avesse usato una SIM diversa nel suo Nokia blu, sarebbe stato possibile tracciarla solo se nota agli inquirenti. Una SIM ignota in un telefono ignoto non può emergere dai tabulati”.


L’avvocato Bocellari, storico difensore di Alberto Stasi, ricorda un dettaglio curioso: “Una ex collega di Chiara, della Computer Sharing, disse ai carabinieri che la ragazza usava due telefoni. Il Nokia, e un altro ‘con lo sportellino’, tipo Motorola. Ma negli atti c’è solo una SIM attiva. L’altra era dismessa da tempo”. “Chiara parlava con tante persone al lavoro, ma nei tabulati questo non emerge”, nota Grimaldi. “E se davvero ci fosse stato un altro apparecchio? Magari fornito da qualcuno in grado di procurarle una SIM ‘speciale’? Magari per proteggerla? O per controllarla? Oggi lo possiamo solo ipotizzare, ma il biglietto sembrerebbe dire che lei era il ‘detective’. E il numero 4146 indica un sistema di comunicazione non alla portata di tutti”. Nessuno ha mai chiesto chi, a Garlasco, potesse avere accesso a queste SIM da ministero. “Una scheda così non si regala per caso”, dice Grimaldi. “O Chiara se l’è fatta dare da qualcuno di cui si fidava, o ha scoperto qualcosa di troppo. E il secondo telefono? Sparito. Portato via dall’assassino? Restituito prima del delitto?”.“La verità – conclude – potrebbe essere sempre stata lì, tra i bigliettini appesi in camera sua. Ma nessuno ha pensato di leggerli. E adesso, rileggendoli, qualcosa comincia a non tornare”.

