Nel contesto di un procedimento indiziario, l'alibi rappresenta uno degli elementi più critici. È la linea di difesa che può determinare il destino di un indagato, la chiave per dimostrare la propria estraneità ai fatti contestati. Del resto, alibi, deriva dal latino e vuol dire altrove. Tuttavia, la sua solidità dipende dalla credibilità delle testimonianze che lo sostengono. Nell’ordinanza di custodia cautelare dell’unico indagato, Louis Dassilva emerge come l’alibi di Manuela Bianchi, la nuora di Pierina, e del fratello Loris siano inattaccabili. In questo senso, però, l'attenzione non può non concentrarsi sulla testimonianza della figlia di Manuela Bianchi e Giuliano Saponi, rispettivamente nuora e figlio di Pierina Paganelli, il cui contributo potrebbe rivelarsi determinante per svelare nuove prospettive su ciò che è realmente accaduto la notte del 3 ottobre 2023. La minore era presente nell'appartamento con la madre, Manuela Bianchi, e con lo zio, Loris Bianchi, nei concitati momenti in cui l’ex infermiera in pensione veniva uccisa. La sua deposizione ha assunto un'importanza cruciale per stabilire il momento esatto dell'allontanamento di Loris Bianchi dall'abitazione, un dettaglio che costituisce il fulcro del suo alibi e dell’intera ricostruzione di quanto accaduto la sera dell’omicidio. Esatto, almeno per ora. Mi spiego. La ragazzina ha infatti inizialmente dichiarato che lo zio aveva lasciato la casa intorno alle 22.05-22.10. Per poi precisare che lo stesso era partito solo dopo che la madre gli aveva scattato cinque fotografie. Tutti ricordiamo la foto di Loris sdraiato a terra a giocare con il cane. Senza che ci sia il cane. Ad ogni modo, gli accertamenti tecnici espletati sul cellulare di Manuela Bianchi hanno stabilito che queste fotografie sono state scattate tra le 22.49 e le 22.50 del 3 ottobre 2023, evidenziando una discrepanza tra le dichiarazioni della minore e i dati oggettivi. Loris, quindi, ha lasciato via del Ciclamino a Rimini alle 22.50?
Nei fatti c’è un’incongruenza che non può essere ignorata: è forse semplice confusione, o c'è un elemento di incertezza più profondo che potrebbe astrattamente minare la credibilità del racconto? Nell’intervista rilasciata a MOW, la consulente di Louis Dassilva, la dottoressa Roberta Bruzzone, ha dichiarato: "Uno dei motivi del nostro riesame è proprio la testimonianza della minore. Non ci siamo limitati a esaminare le dichiarazioni scritte, abbiamo richiesto anche la videoregistrazione. Devo dire che ci si è aperto un mondo". Ma cosa ha rivelato questa videoregistrazione. La ragazza, per circa un'ora e mezza, quasi non menziona la presenza dello zio, Loris Bianchi, in casa quella sera”. E difatti, stando a queste dichiarazioni, lo stesso Loris sarebbe stato menzionato solamente dopo che il pm ha detto alla ragazzina che avrebbe dovuto dire la verità. Dunque, l’alibi dei fratelli Bianchi è così inattaccabile? L’iniziale incertezza pone diverse domande: perché questa resistenza? È una semplice esitazione, o c'è un motivo più complesso dietro il suo comportamento? A questo punto, occorre riflettere su alcune questioni fondamentali che riguardano la natura stessa dell'alibi in un contesto di procedimento indiziario. Indiziario come si sta rivelando, per ora, quello relativo al delitto di Pierina Paganelli. Il valore di un alibi non si limita alla sua capacità di allontanare un sospetto dalla scena del crimine, ma risiede anche nella sua resistenza alle contestazioni logiche e all'analisi dettagliata. Quando emergono contraddizioni, anche apparentemente marginali, l'intero impianto difensivo può vacillare. La testimonianza della nipote di Pierina, per esempio, cambia rispetto all'orario dell'allontanamento dello zio perché?
Da un punto di vista criminologico, è noto che i testimoni minori di età sono particolarmente vulnerabili a suggerimenti e influenze. A prescindere che ne siano essi consapevoli o meno. Le loro dichiarazioni possono risentire della paura di contraddire le figure adulte, del desiderio di compiacere o della semplice incertezza causata dal trauma emotivo. Comprovata letteratura scientifica ha dimostrato che la memoria è un costrutto altamente malleabile, soprattutto nei soggetti più giovani. I testimoni minorenni sono particolarmente suscettibili a quelle che vengono definite "false memorie", un fenomeno per cui eventi mai accaduti possono essere ricordati come reali, spesso a causa di domande suggestive o della ripetizione di certi dettagli durante un interrogatorio. In questo caso, l'incapacità iniziale della minore di menzionare la presenza dello zio potrebbe essere il risultato di un ricordo alterato, non necessariamente di una menzogna consapevole. È noto che il cervello può rielaborare i ricordi per adattarli alle aspettative altrui o per ridurre il conflitto interno, un fenomeno particolarmente evidente in contesti di forte pressione emotiva come un interrogatorio giudiziario. Siamo, chiaramente, sempre nel campo generale e senza voler accusare nessuno. Tuttavia, va considerato che un procedimento indiziario, per sua natura, è costruito su una trama di deduzioni e circostanze che possono condurre a errori di interpretazione. La verità non è sempre evidente e, spesso, dipende dalla capacità degli inquirenti e delle parti di far emergere incongruenze che potrebbero passare inosservate. In questo contesto, l'alibi, che dovrebbe essere una certezza, diventa invece una nuova fonte di ambiguità. Perché la figlia di Manuela non ha dato un resoconto coerente e preciso fin da subito? Ma, al contrario, si è corretta in un secondo momento? Le testimonianze dei minori, specialmente in un contesto così stressante, devono essere trattate con estrema cautela. Gli esperti sanno bene che questi possono non solo dimenticare dettagli importanti, ma anche essere influenzati da ricordi costruiti o indotti, anche per mantenere la coesione familiare o evitare conflitti. Alla luce di queste riflessioni, pertanto, è lecito chiedersi: gli alibi di Manuela e Loris Bianchi sono davvero così inattaccabili come sostiene la difesa dei fratelli Bianchi? In un contesto come questo basato principalmente su indizi, tali incongruenze potrebbero fare la differenza in sede processuale. L'alibi, dunque, lungi dall'essere una prova definitiva, diventa un altro tassello da esaminare con attenzione, un elemento che, invece di fugare i dubbi, spesso ne genera di nuovi. E, in un processo indiziario, dove l'evidenza diretta è assente, ogni dubbio è una crepa potenziale nella ricerca della verità. La giustizia non può permettersi di trascurare alcun dettaglio e c’è da aspettarsi che le dichiarazioni della nipote di Pierina saranno oggetto di dura battaglia alla luce di un futuro dibattimento.