Il delitto perfetto non esiste, ma errori e trascuratezze possono aprire un varco all'impunità. Sarà questo il destino del giallo di Via del Ciclamino a Rimini? C'è da augurarsi di no. La scena, pur avvolta in un caos che si riflette soprattutto nella comunicazione mediatica, potrebbe ancora svelare le sue verità, se le indagini saranno guidate con la stessa determinazione che in passato ha portato alla cattura di criminali del calibro dei fratelli Savi. I dati emersi dai laboratori parlano chiaro: nessuna traccia di Dna di Louis Dassilva è stata rinvenuta sulla scena del crimine. Un'assenza che indebolisce gravemente l'impianto accusatorio. Eppure Dassilva resta l'unico indagato, detenuto in custodia cautelare. Un provvedimento che si regge su elementi che, per ora, appaiono sempre più fragili. L'immagine della Cam3, inizialmente considerata un pilastro della ricostruzione, ha perso forza. L’ha persa al punto da richiedere un incidente probatorio per verificarne l'attendibilità. Oltre un anno è trascorso dall'omicidio di Pierina Paganelli, e le indagini sembrano aver seguito una sola traiettoria lasciando sul tavolo interrogativi cruciali. È come se tutti i soggetti coinvolti fossero diventati protagonisti di una tragedia pirandelliana, "personaggi in cerca d'autore", ciascuno alla ricerca di un ruolo in una vicenda dove il caos sembra prevalere sull'ordine. Ma i dati non mentono, e la verità scientifica continua a minare il quadro accusatorio.
Il movente attribuito a Dassilva, quello di un delitto passionale, appare sempre più come una giustificazione forzata. Uccidere per amore? Non regge. E di certo non uccidere una donna come Pierina, che non rappresentava alcun ostacolo per Dassilva, né umano né emotivo. Ma il vero colpo di scena arriva dagli esiti delle analisi genetiche: due profili femminili sono stati isolati sugli indumenti della vittima. Uno è stato rinvenuto sulla gonna, all'altezza della vita, e l'altro sulla maglietta, vicino a una delle coltellate. Queste tracce, benché minime, aprono scenari investigativi complessi. Potrebbero essere frutto di contaminazioni accidentali, ma è altrettanto plausibile che siano collegate all'aggressione o a un successivo intervento sulla scena del crimine. La possibilità che qualcuno abbia manomesso la scena è ormai un dato acquisito, ma resta da capire chi, quando e con quale intento. Non si esclude alcuna pista. Quei due Dna saranno confrontati con i profili di tutti coloro che sono intervenuti a vario titolo sulla scena, dai soccorritori agli agenti. Ma l'attenzione sarà puntata anche su chi era più vicino alla vittima, come Manuela Bianchi, la nuora. È stata lei a trovare il corpo e ha sempre dichiarato di non aver toccato Pierina. Difatti, la collocazione delle tracce genetiche richiede un confronto diretto: si tratta di una casualità o di un dettaglio che racconta una dinamica ancora nascosta? L'ostacolo principale è rappresentato dal deterioramento dei reperti. La conservazione impropria degli indumenti, impregnati di urina e batteri, ha accelerato la formazione di muffe, compromettendo la qualità delle tracce genetiche. La scienza forense si trova ora di fronte a un nemico invisibile: il tempo, che ha gia iniziato a cancellare ciò che poteva fare la differenza. Per questo è stata richiesta una proroga degli accertamenti irripetibili: ogni dato ancora recuperabile sarà essenziale. In questa vicenda ogni dettaglio pesa. L'assenza di un Dna attribuibile a Dassilva, i due profili femminili, la manipolazione della scena: tutto sembra urlare una verità più complessa di quanto inizialmente ipotizzato. Ma il tempo non aspetta. Ogni giorno che passa la possibilità di svelare ciò che è realmente accaduto si riduce. Eppure, è proprio nei dettagli, spesso trascurati, che si cela la risposta. Spetta ora agli investigatori non lasciarsi sfuggire nulla, perché, come insegna la criminologia, anche il più piccolo indizio può ribaltare un’intera indagine.