Diciotto anni di processi, analisi, condanne e riesami. Ma il caso del delitto di Garlasco continua a far tremare la superficie, perché sotto c’è ancora qualcosa che bolle. Stavolta a rimettere benzina sul fuoco è Gianluca Spina, ex funzionario di polizia e oggi esperto di comunicazione non verbale, che ha pubblicamente lanciato accuse pesanti contro gli inquirenti e, senza giri di parole, contro la famiglia di Chiara Poggi. Lo ha fatto in un intervento pubblicato sul settimanale Giallo: “Cari signori Poggi, vi siete catapultati a provare goffamente e con un timing anomalo la presenza di Marco in montagna il 13 agosto 2007”, scrive Spina. “Chi è nel vero non deve spiegazioni a casa mia”. Poi alza il tiro: “Ora vi chiedo di spiegare altrettanto velocemente, con dovizia di particolari, come avete fatto ad accettare la verità giudiziaria davanti alle fotografie del volto e del corpo di Chiara martoriati, seviziati, massacrati”. Secondo Spina, ci sarebbero ferite, tagli sulle palpebre compresi, che gridano una verità diversa da quella messa agli atti. Una verità più scomoda, fatta di accanimento, di un’azione portata avanti da più persone, e da qualcuno che conosceva bene la casa. “Perché omettere la prova evidente dell’accanimento indiavolato sul corpo di una figlia?”, chiede. La risposta, suggerisce, potrebbe essere una sola: quelle ferite contraddicono la sentenza, perché raccontano una dinamica incompatibile con la colpevolezza di un solo esecutore.

L’ex poliziotto fa riferimento anche alla durata dell’aggressione: “L’opera ha necessariamente richiesto un tempo superiore a quello stabilito dalla sentenza”. E suggerisce che, se davvero si fosse seguito il filo del movente, si sarebbe potuto identificare “un gruppo di persone possedute evidentemente da una follia non terrena, magari legata a qualche problema di contesto locale”. Insomma: un massacro dentro casa, con un significato profondo e forse personale. Ma la parte più inquietante arriva con la descrizione dei tagli sulle palpebre. Secondo Spina, due sono le possibilità: o sono stati causati dagli occhiali, ma la geometria delle ferite non regge questa ipotesi, oppure qualcuno li ha fatti deliberatamente, forse “qualche frequentatore della casa, pratico di opere particolari”. Un dettaglio che, se indagato, forse potrebbe cambiare tutto. Ma che finora è stato ignorato. “Di solito 2+2 fa quattro, qui fa molto di più”, conclude Spina. E lancia una provocazione che è anche un monito: “Chi ha capito non è disposto ad accettare un’eventuale rinnovata ipocrisia sulla morte di Chiara. La verità è un diritto della comunità, e in questa nuova occasione gli inquirenti devono dare risposte. Non può finire come la scorsa volta”.

