Diciotto anni dopo l’omicidio di Chiara Poggi, Gianluigi Nuzzi rompe il silenzio con un atto d’accusa durissimo contro la giustizia italiana. Il giornalista, presentatore di Quarto Grado e autore di inchieste giudiziarie dirompenti, non ha usato mezzi termini: “Oggi il corpo di Chiara rappresenta la mappa con le tracce presenti di Ignoto1, Ignoto2 e Ignoto3 che diventano centri di gravità e segnano la progressione dell’ultima inchiesta”. Il caso Garlasco, esploso nell’agosto del 2007, ha già avuto un colpevole condannato in via definitiva: Alberto Stasi, ex fidanzato della vittima. Ma oggi tutto viene rimesso in discussione, con nuove tracce genetiche, tre “ignoti” da identificare, e una riesumazione che ha riportato il corpo della giovane donna al centro del dibattito. E Nuzzi è netto: “Un dna estraneo rimane in bocca -a contatto con la nostra saliva - solo pochi attimi e questo significa una cosa sola: Ignoto3 o è qualcuno intervenuto sulla scena del delitto tra sanitari e investigatori, frutto cioè dell’ennesima contaminazione, oppure appartiene all’assassino". Poi ha continuato: “Oggi difendono memoria e corpo di Chiara da chi le attribuisce amanti segreti e ogni fantasia erotica, da chi la indica ammazzata dal fratello Marco, dalle cugine Cappa. Anche perché uno scempio simile sulla vittima non si era mai visto in Italia nemmeno ai tempi, passati e recenti, del piccolo Youssef Marzouk ucciso durante la strage di Erba dai tagliagole Rosa Bazzi e Olindo Romano o nel caso di Yara Gambirasio lasciata morire di ipotermia da Massimo Bossetti che l’aveva coltellata senza infliggere alcun colpo mortale". Al centro della nuova inchiesta ci sono tre profili genetici maschili non identificati al tempo: uno attribuito ad Andrea Sempio, un secondo parziale e un terzo, completo, emerso da un vecchio tampone oro-faringeo. Gianluigi Nuzzi non risparmia critiche alla magistratura: “Una procura che (quasi) d’iniziativa rilegge l’attività passata dovrebbe essere sintomo di indipendenza e forza della magistratura ma i contorni delle responsabilità sono ancora troppo sfumati, incerti per rilasciare l’aria che tratteniamo tutti sospesa nei polmoni dall’emersione della nuova inchiesta nel marzo scorso. E stanno cadendo molti tabù che aumentano la confusione.” La lentezza e l’approccio dell’inchiesta, secondo il giornalista, sono fonte di sconcerto pubblico: “Non sfugge infatti l’elevatissimo interesse dell’opinione pubblica e l’assoluto disorientamento di fronte a questa situazione che svaluta la fiducia nella giustizia.”

Anche sulle indagini più recenti, come la perquisizione nei confronti della famiglia Sempio o la decisione di dragare un canale in campagna, Nuzzi è netto: “L’effetto mediatico è stato quello di porre tutto sullo stesso piano quando un conto sono le indagini, un conto le attività indotte da risvegli di chi giura di sapere e di aver taciuto per paura di improbabili ‘poteri forti’.” E aggiunge, con sarcasmo amaro: “Nel canale maleodorante più che segreti di poteri pluto-giudaico-massonici c’erano vecchi arnesi dei contadini e di case di campagna ora buttati in un armadio in caserma sperando che vengano dimenticati presto". Il giornalista si scaglia anche contro il trattamento mediatico e investigativo riservato alla figura della vittima e della sua famiglia. Poi, a preoccupare Nuzzi è anche il modo in cui la scienza viene oggi impiegata: “La genetica forense rimette in discussione se stessa nella glaciale scoperta che mai è esatta e insindacabile.” Una constatazione che apre scenari inquietanti: “Forse verrà il giorno in cui anche l’aritmetica sarà opinabile e con ogni probabilità coinciderà con la fine del mondo, lasciandoci l’unica speranza che ci sia ancora tempo". E infine, l’allarme sul rischio giudiziario: “L’attesa celerità delle indagini si scontra contro un rischio ancora maggiore e cioè che si vada a un altro processo tanto indiziario quanto quello celebrato contro Stasi".
