C’è un nuovo nome nel cold case più scomodo della provincia pavese: Andrea Sempio, 37 anni, vecchio amico di Marco Poggi e, forse, infatuato in silenzio di Chiara. Oggi, 20 maggio, sarà ascoltato dagli inquirenti come indagato in concorso per l’omicidio della giovane neolaureata, uccisa nella sua casa di via Pascoli il 13 agosto 2007. La domanda che ora i magistrati pongono con forza è una sola: cosa ci faceva il Dna di Sempio sotto le unghie della vittima? La giustificazione data in passato, contatto indiretto, tastiera del pc contaminata, non convince più. La Procura accelera: perquisizioni, ricerca dell’arma nel canale di Tromello, riapertura delle piste dimenticate, inclusa quella di una presunta fascinazione che nessuno ha mai voluto raccontare. Un’infatuazione silenziosa, forse mai dichiarata. Una vicinanza che oggi prende un’altra forma, quella del sospetto.


Sempio, difeso dagli avvocati Angela Taccia e Massimo Lovati, potrebbe non rispondere. A pochi metri, nello stesso orario (le 14), verrà ascoltato anche Alberto Stasi. Lui sì che parlerà. Condannato in via definitiva a 16 anni per l’omicidio della fidanzata, continua a professarsi innocente. Convocato come “testimone assistito”, racconterà, o almeno ci proverà, la rete di relazioni intorno a Chiara. Magari facendo nomi, magari no. E poi c’è Marco Poggi, il fratello, interrogato a Venezia. Dovrà chiarire chi frequentava casa sua, chi sapeva che quel giorno Chiara era sola. Chi poteva approfittarne. In mezzo, come sempre, il buio. Le troppe piste lasciate marcire, i suicidi sospetti, la parentesi esoterica che nessuno ha mai davvero voluto scavare. E un’indagine che nel tempo ha divorato se stessa: archiviazioni frettolose, giudici in conflitto, una guerra interna alla Procura che adesso potrebbe lasciare il posto al colpo di scena. Perché se quel Dna resiste, anche l’ipotesi di un amore mai corrisposto può diventare movente.

