Diciotto anni dopo il delitto di Garlasco, un tampone mai analizzato prima fa tremare le fondamenta di una verità giudiziaria che sembrava consolidata. Nella bocca di Chiara Poggi è stato trovato un Dna maschile. Non è di Andrea Sempio, il nuovo indagato. Non è di Alberto Stasi, l'ex fidanzato condannato in via definitiva. Non è, almeno per ora, di nessuno. Il tracciato genetico è saltato fuori durante l’incidente probatorio voluto dal gip di Pavia. A estrarlo la genetista Denise Albani, consulente del Tribunale, che ha analizzato una serie di reperti mai o solo parzialmente esaminati. Tra questi, un tampone oro-faringeo prelevato dal medico legale Marco Ballardini durante l’autopsia del 2007. Un campione mai toccato in tutti questi anni. Mai verificato. Fino ad ora. Le analisi hanno restituito due tracce di Dna “Y”: la prima, sulla parte laterale del tampone, è stata subito attribuita a una contaminazione da parte di un assistente sanitario, presente durante l’autopsia. La seconda, più profonda e nella parte centrale della bocca, non ha ancora un volto. Ma è lì, ed è “una presenza in quantità generosa”, come trapela da fonti vicine al fascicolo.


Non è solo un tecnicismo. Perché quel Dna potrebbe riscrivere la dinamica del delitto. Gli investigatori da mesi ipotizzano che Chiara sia stata aggredita in un contesto diverso rispetto alla ricostruzione ufficiale: non ai piedi delle scale, ma in un ambiente dove ha cercato di resistere, forse di gridare. E quella mano che le avrebbe coperto la bocca per zittirla potrebbe aver lasciato più di un segno. “La sopravvivenza del Dna su lingua, gengive e gola è limitata”, spiegano. Eppure, quello sconosciuto è lì. E resiste. Tanto da generare un profilo quasi completo. Il confronto con le banche dati, con i familiari, con i sanitari, con periti e consulenti ha escluso per ora ogni compatibilità. Niente match neanche con il cosiddetto “ignoto 2”, il Dna maschile ritrovato sotto le unghie di Chiara e attribuito dalla Procura a Sempio. Eppure c’è chi smorza subito l’entusiasmo. “Parliamo ancora di valutazioni preliminari”, dicono. E anche l’avvocato della famiglia Poggi, Gian Luigi Tizzoni, predica calma: “Siamo tranquilli, non siamo preoccupati. Ci limitiamo al dato certo: quello del campione con una contaminazione”. Anche Massimo Lovati, legale di Sempio, ridimensiona: “Le nuove tracce non spostano niente”. Ma quel Dna è lì. Emerso dopo 18 anni, su un tampone dimenticato. Una beffa o un colpo di scena? Lo diranno le nuove analisi, previste entro ottobre. Intanto l’ipotesi che Chiara sia stata uccisa da più mani torna a fare capolino. Già nel 2007 si parlava di due armi: una da taglio, una contundente. La pista fu abbandonata. Ma adesso tutto sembra possibile.
