Dicono che il tempo guarisce tutto. Ma a Garlasco, il tempo è diventato un’arma. Ventiquattro minuti, non uno di più, per cambiare per sempre la storia di una ragazza e quella di un ragazzo che giura di non essere un assassino. Nel caso Chiara Poggi, ogni secondo è passato al microscopio. La mattina del 13 agosto 2007, Chiara viene trovata senza vita sulle scale della villetta di via Pascoli. Cranio sfondato, corpo posizionato, nessuna arma del delitto. Un mistero che da diciassette anni tiene in scacco l’Italia e ha portato a una condanna definitiva per Alberto Stasi: sedici anni per omicidio volontario. Ma ancora oggi, la sequenza degli eventi fa a pugni con il buon senso. A rilanciarla è Gian Luigi Tizzoni, avvocato della famiglia Poggi, che ricorda come “i dati confermano che Stasi ha fatto colazione con Chiara la mattina dell’omicidio”. E da lì, si innesca il cortocircuito. Ci pensa Albina Perri, direttrice del settimanale Giallo, a riassumere tutto con un’ironia che taglia più del movente che dopo diciotto anni ancora non si è capito quale sia: “In venti minuti, dunque, dalle 9.12, Stasi ha fatto colazione con Chiara, poi hanno litigato, lui l'ha presa a martellate, ha spostato il corpo, lo ha buttato giù dalle scale, si è lavato, ha lavato il lavandino, ha preso la bici, ha cambiato i pedali, è tornato a casa e alle 9.36 ha acceso il pc, si è visto un po' di foto hot e infine si è messo a fare la tesi. Ci sta.”


Sì, certo. Ci sta. Come un omicidio durante la pausa caffè. Secondo la ricostruzione, alle 9.12 Stasi sarebbe ancora con Chiara. Alle 9.36 è documentato il primo accesso al suo computer, comodamente a casa. In mezzo, un’intera scena del crimine: il litigio, le martellate, il corpo fatto rotolare giù dalle scale, la pulizia del bagno, il cambio dei pedali alla bicicletta e il rientro a casa. E poi, come nulla fosse, un click sul desktop, qualche foto erotica, la tesi. In quella manciata di minuti sta tutta la differenza tra l’innocenza e la colpa. Stasi è stato condannato. Ma la narrazione, oggi come ieri, resta incredibile. Non per le prove, ma per il ritmo. E forse è proprio lì che Albina Perri colpisce più duro: non sul cosa, ma sul come diamine avrebbe fatto Stasi a fare tutto questo in così poco tempo. Perché se davvero è andata così, allora non siamo davanti a un delitto, ma a un esercizio di prestigio. E il vero mistero, ora più che mai, è capire se il tempo può contenere tutta questa follia. O se stiamo ancora cercando un colpevole in una sceneggiatura sbagliata.
