Lovati sostiene che Stasi si fidava di chi gli aveva promesso l’assoluzione. Per il legale, le prove contro Sempio non reggono: “Il Dna è nullo, il Fruttolo non esiste più”. E Marco Poggi? “Magari è tornato in segreto. Ma io parlo con le carte, non con le ipotesi…”
La verità sul delitto di Garlasco? Non quella scritta nelle sentenze. Ne è certo Massimo Lovati, avvocato di Pavia e difensore di Andrea Sempio, l’ultimo nome finito nel vortice giudiziario del caso Poggi. A dirlo non è un complottista da tastiera, ma un legale navigato che, intervistato dal settimanale Giallo diretto da Albina Perri, sgancia una bomba: “Alberto Stasi è innocente. E io ne sono certo al cento per cento”. Sì, ha mentito. Ma non per coprire se stesso: “Le bugie le ha dette per conto di qualcun altro, perché minacciato di morte”, spiega Lovati. Stasi, condannato in via definitiva per l’omicidio della fidanzata Chiara Poggi, non avrebbe mai varcato la soglia di quella villetta il 13 agosto 2007. “Qualsiasi bambino delle medie capirebbe che le sue bugie erano troppo grossolane per uno intelligente come lui: come lo scavalcamento del cancello alto due metri o il volto bianco di Chiara visto da lontano”. Secondo Lovati, dietro il delitto ci sarebbe un mandante. O meglio, più mandanti, legati a un presunto giro oscuro che Chiara avrebbe scoperto a Garlasco. A uccidere sarebbe stato un sicario, e non per amore. “Hanno fatto sembrare tutto un delitto passionale”, dice Lovati, “ma Stasi ha coperto i veri colpevoli perché si fidava di una promessa: che lo avrebbero fatto assolvere. E infatti così è stato, almeno all’inizio”.


La condanna definitiva sarebbe arrivata solo dopo, “quando l’avvocato della famiglia Poggi chiese la perizia sulla camminata”. Per Lovati, da lì il meccanismo si sarebbe inceppato. “Qualcuno si è rivolto ai carabinieri di Milano, convinto dell’innocenza di Stasi. Non è stata la Procura a riaprire tutto. Sono stati quelli che dovevano mantenere la parola a Stasi. Ma il tempo è scaduto”. E Andrea Sempio? Solo un capro espiatorio, sostiene il suo difensore: “Il Dna sulle unghie di Chiara è nullo. Non hanno altro a cui appigliarsi”. Quanto alle sue dichiarazioni in tv, Lovati taglia corto anche sul possibile ritorno in segreto di Marco Poggi, fratello di Chiara, dal Trentino: “Non credo nulla. Magari è tornato per una fidanzata. Ma io parlo solo con le carte”. Infine, il “Fruttolo-gate”. Tra i reperti analizzati c’era anche un vasetto di yogurt trovato nella spazzatura dei Poggi. Lovati, all’inizio preoccupato per un possibile riscontro genetico, oggi tira un sospiro di sollievo: “Il mio incubo ha funzionato. Il Fruttolo non conta più. Non esiste più”. La verità, quella vera, per Lovati è ancora sepolta. Ma lui sembra sapere benissimo dove scavare.
