Due teli da mare spariti. È il 13 agosto 2007 quando Chiara Poggi viene uccisa nella villetta di via Pascoli a Garlasco. Il corpo sarà trovato a faccia in giù sulle scale, con la testa poggiata sul nono dei tredici gradini che portano al piano di sotto. Un anno dopo, tra le pareti tinteggiate e ripulite della casa dissequestrata, la madre di Chiara nota l’assenza di quei due teli. Uno azzurro, decorato con mazzolini di fiori, l’altro verde acqua. “Sono certa di averli visti l’ultima volta il 5 agosto, prima di partire per il Trentino”, dice Rita Preda, seduta davanti al capitano dei carabinieri Gennaro Cassese il 21 giugno 2008. È un verbale da trentatré pagine, ma la sostanza è tutta lì: i teli non ci sono più. E forse, non sono solo due teli. “Chiara usava quello azzurro. Lo metteva sulla sdraio, nell’angolo del portico, per rilassarsi”. L’altro, spiega la madre, non era in uso. Entrambi erano nel terzo cassetto della cassettiera in taverna, la stessa stanza in cui il killer, volendo, avrebbe potuto ripulirsi in fretta prima di sparire. Nessuna traccia in lavanderia. Nessun ricordo utile né da parte del marito Giuseppe né del figlio Marco. “Li ho cercati ovunque: in casa, nelle camere, anche nei luoghi in cui ci eravamo cambiati quando siamo potuti entrare per prendere dei vestiti durante il sequestro”. Nulla. Spariti. Solo quei due, mentre gli altri asciugamani erano al loro posto, “perfettamente piegati”.


A distanza di un anno dall’omicidio, quei due rettangoli di spugna diventano un dettaglio che rimescola l’indagine. Perché se davvero l’assassino li ha usati per pulirsi, doveva conoscere bene la casa. E non solo: doveva sapere dell’esistenza di quella cassettiera, di quel cassetto preciso. Doveva, soprattutto, riuscire a scendere e salire da quelle scale senza lasciare impronte insanguinate. E qui, qualcosa non torna: le suole intrise emerse sul pavimento, sì. Ma sui tredici gradini che portano al corpo di Chiara, nemmeno una traccia. Resta allora l’ipotesi più semplice e allo stesso tempo più opaca: Chiara potrebbe aver usato entrambi i teli nei giorni precedenti alla morte. Magari per prendere il sole o per asciugarsi dopo la doccia, magari per nulla. Il killer avrebbe trovato i teli lì, pronti, e li avrebbe usati. Ma allora: perché due? Perché portarseli via? E ancora: perché tutto questo emerge solo un anno dopo? Sono i piccoli oggetti a raccontare le storie più grandi. I due teli diventano simbolo di ciò che in questa vicenda è sempre mancato: una verità netta. Un colpevole che non si discute. E invece restano i “forse”, i “chissà”, i verbali pieni di dettagli, i gradini puliti e i cassetti vuoti. In quella villetta al civico 8 di via Pascoli, i misteri non finiscono mai. Nemmeno quando sembrano solo due pezzi di spugna colorata.
