Troppo piccolo per Alberto Stasi.
E allora chi era con Chiara quella tragica mattina d’estate?
Una mano insanguinata e un’impronta sul pavimento. E se il delitto di Chiara Poggi fosse più affollato di quanto ci hanno fatto credere? A dirlo, sul settimanale Giallo, non è l’ennesimo complottista da tastiera, ma Gianluca Spina, ex poliziotto e dattiloscopista. Uno di quelli che alle impronte ci ha lavorato davvero. E secondo lui, quelle impresse sul pigiama della vittima, cancellate dai soccorsi maldestri ma immortalate in una foto, non mentono: sono di una mano femminile. Quattro polpastrelli ben visibili, incollati alla scapola sinistra di Chiara. Lì, dove qualcuno si è aggrappato o ha premuto durante l’aggressione. Spina ha preso la foto, ha misurato, ha messo in scala. E il risultato è stato chiaro: sette centimetri in larghezza. Tanto basta, secondo lui, per affermare che quella non è una mano maschile. O quantomeno, non è la mano di un ragazzo dalla corporatura robusta come quella attribuita all’unico imputato: Alberto Stasi.


Ma c’è di più. Sul pavimento del bagno, i Ris trovarono un’impronta di scarpa lunga 27 cm. A una prima occhiata sembrava una misura 42. Ma è bastato inclinare la foto di qualche grado, come effettivamente accaduto, per allungare l’immagine di almeno 2 cm. Poi ci sono i 2 cm in più che una suola estiva può aggiungere rispetto al piede. E se si toglie tutto il superfluo, resta un piede da 23 cm. Tradotto: una scarpa da donna, numero 37. Coincidenze? Per Spina, no. Le impronte parlano chiaro, anche quando non ci sono più. E raccontano di una presenza femminile sulla scena del crimine. Una mano esile e una scarpa che difficilmente sarebbe appartenuta a Stasi. Un’altra persona? Una complice? O l’assassina vera e propria? In un cold case che fa ancora rumore a quasi 20 anni di distanza, forse abbiamo dimenticato di guardare proprio lì dove tutto era stato scritto: nel sangue e nelle impronte.

