Altro che omicidio d'impeto. Altro che colluttazione finita male. Quello che è successo a Chiara Poggi nella casa di famiglia di via Pascoli, a Garlasco, ha tutta l'aria di essere un'esecuzione. Precisa, brutale, studiata. Parola della professoressa Luisa Regimenti, medico legale e docente all'Università di Tor Vergata a Roma, che ha analizzato il referto autoptico per il settimanale Gente. E quello che emerge dalla sua analisi è un orrore a più mani. «È stata un'esecuzione brutale: chiunque l'abbia uccisa la conosceva ed era animato da un odio cieco», dice senza girarci intorno. Perché Chiara non è stata solo uccisa. È stata immobilizzata, torturata e uccisa. E, secondo la professoressa, non da una sola persona. «Erano almeno due, anche perché i colpi sono stati inferti in modo diverso».


In che modo? Con un'arma sola non basta. E infatti, secondo Regimenti, il primo strumento è stato un coltello svizzero. Non per colpire a morte, ma per infliggere dolore. Chiara era sul divano, trattenuta da qualcuno, mentre l'altro la feriva. «Le sono stati inflitti due tagli netti sulle palpebre, segno che aveva visto qualcosa che non avrebbe dovuto vedere». Poi, il tentativo di fuga. Chiara riesce ad alzarsi, va verso la porta. Ma non ce la fa. Viene raggiunta, picchiata, e infine uccisa con due oggetti: «Un'ascia e un martello», precisa la Regimenti. L'ascia per sfondare. Il martello per chiudere il conto. «L'ha uccisa con forza notevole», sottolinea. Non uno scatto. Non un litigio degenerato. Un massacro. E se davvero le mani erano due, allora qualcosa nei verbali fa acqua. Qualcuno, forse più di uno, ha avuto tempo, sangue freddo e un piano. E Chiara, 26 anni, è rimasta sola a fare da bersaglio a una furia che sapeva esattamente dove colpire…
