Il caso del delitto di Garlasco, a distanza di quasi vent’anni, continua a scuotere l’opinione pubblica. L’omicidio di Chiara Poggi, avvenuto il 13 agosto 2007, ha attraversato ogni fase della giustizia italiana: indagini, processi, condanne, revisioni. E ora, un nuovo colpo di scena: un’impronta individuata vicino al cadavere, scoperta — incredibilmente — diciotto anni dopo, e nuove ricerche dell’arma del delitto in un canale.
Davanti a questa situazione surreale, un lettore de La Verità ha scritto alla rubrica di Mario Giordano, lamentando il sensazionalismo con cui molti media starebbero raccontando il caso. Ma Giordano, pur non risparmiando critiche al mondo dell'informazione, invita a spostare lo sguardo più in alto, verso le istituzioni.
“Una cosa che mina la fiducia nelle istituzioni”
“Garlasco è un caso clamoroso di distorsione della giustizia”, afferma Giordano nella sua risposta. Non si tratta solo di errori investigativi o ritardi inspiegabili, ma di qualcosa di più profondo e preoccupante: “Vedere gli inquirenti che scoprono un’impronta vicino al cadavere diciotto anni dopo l’omicidio, o che, sempre diciotto anni dopo, vanno a cercare l’arma del delitto in un canale, è una cosa che mina alla base la fiducia nelle istituzioni”.

“I giornalisti pubblicano le notizie che ricevono”
Alla domanda se la responsabilità non sia anche dei giornalisti, che a volte sembrano più interessati allo scoop che alla verità, Giordano risponde con una puntualizzazione: “Se c’è da attaccare la mia categoria non mi tiro mai indietro. Ma se un giornalista ha una notizia la pubblica. Da dove arriva quella notizia? E perché?”. Il punto, secondo il giornalista, è proprio qui: i media non agiscono nel vuoto. Le informazioni che diventano titoli e servizi televisivi hanno una fonte. E quelle fonti, troppo spesso, non sono neutrali.
“Chi usa i media per ottenere condanne o assoluzioni”
Secondo Giordano, la vera responsabilità va cercata tra chi manovra le leve del potere giudiziario e investigativo: “Penso che a essere responsabili dovrebbero essere innanzitutto coloro che gestiscono la macchina della giustizia (magistrati, investigatori e anche avvocati), e che invece spesso cercano di usare i media come scorciatoia per ottenere condanne o assoluzioni”. In questo scenario, la stampa diventa uno strumento — o, nei casi peggiori, una complice — di una narrazione pilotata. Il problema, dunque, non sarebbe tanto nei giornali, quanto in chi cerca deliberatamente di farli diventare megafoni.
“Creare il mostro di turno”
Il meccanismo è sempre lo stesso, sostiene Giordano: “E così fanno filtrare notizie ad arte per creare il mostro di turno: che il mostro sia Alberto Stasi (prima) o Andrea Sempio (adesso), il meccanismo è sempre lo stesso”.
“I veri responsabili stanno più in alto”
Giordano conclude la sua risposta con parole nette, rivolte direttamente al lettore: “È un meccanismo malato di cui i giornalisti al massimo possono essere complici. Ma i cui principali responsabili, mi creda Giuseppe, stanno più in alto”. Il delitto di Garlasco, insomma, non è solo una tragedia familiare o un giallo irrisolto: è anche un caso di scuola su come si intrecciano giustizia, informazione e opinione pubblica. E nel vortice mediatico e giudiziario, non è detto che le colpe stiano sempre dove sembra.
