Vittorio Feltri torna in tv e punta il dito: “Processo a Stasi? Un errore”. “Due assoluzioni non bastano? Allora non è un Paese civile”. Per lui, chi indagava “non aveva in mano nulla”. Nemmeno ora.
E chi ha sbagliato, dovrebbe pagare. Ma paga solo lo Stato. La giustizia italiana? Sempre la stessa: luci accese, verità spenta…
Diciotto anni dopo quel lunedì d’agosto in cui Chiara Poggi venne trovata morta nella villetta di famiglia a Garlasco, il suo caso è ancora lì: irrisolto nel cuore dell’opinione pubblica, anche se chiuso nei fascicoli di giustizia. A riaccendere il dibattito è Vittorio Feltri, ospite di Filorosso su Rai3. Il giornalista – oggi consigliere regionale lombardo – da sempre innocentista su Alberto Stasi, il fidanzato condannato in via definitiva per l’omicidio, ha detto senza troppi giri di parole quello che pensa. “Ora c'è la caccia all’assassino vero. Ma sarà ben difficile che abbia successo”, ha detto Feltri. La sentenza c’è, Stasi sta scontando la pena, ma il dubbio resta. Per il fondatore di Libero, il processo contro Stasi non ha mai retto davvero: “In primo grado il ragazzo fu assolto per assenza di prove. Poi ci fu un appello: assolto anche lì. Dopo due assoluzioni, con ragionevole dubbio, non lo puoi condannare più. In nessun Paese civile del mondo succede questo”. Giustizia, o vendetta? O solo un Paese che ha bisogno di un colpevole, chiunque sia?


Feltri non ne fa mistero: secondo lui, le indagini sono state un buco nell’acqua. “Non è saltato fuori un solo elemento che giustifichi la riapertura delle indagini. Sono contentissimo se il ragazzo di Garlasco potrà essere finalmente assolto. Ma per ora non c'è nulla. Anche su Sempio non è saltato fuori niente. Hanno fatto un’indagine con un nulla in mano. Continuano a farle con un nulla in mano. Siccome il condannato c’è già, non succede niente”. Parole dure. Che fotografano una realtà: quella di un’Italia giudiziaria che arranca, inciampa e, a volte, si autoassolve. Soprattutto quando sbaglia. E quando gli chiedono quale sia stato l’errore più grave, Feltri risponde senza esitazioni: “Ne sono stati commessi tanti. L’errore fondamentale è stato quello di non prendere atto del processo di primo e secondo grado, e di costringere Stasi a un terzo processo”. E chi ha sbagliato, secondo Feltri, dovrebbe pagare. Sul serio. “Qualsiasi italiano, se commette un errore, paga di tasca sua. Pensiamo ai medici. I magistrati invece non pagano mai. Paga lo Stato. Vi sembra normale? Vi sembra equo?” Domande scomode, che non avranno risposta a breve. Ma intanto la storia di Garlasco torna lì dove è sempre stata: sotto i riflettori, ma lontana da una verità che metta davvero tutti in pace.
