Il caso di Moussa Sangare, reo confesso dell'omicidio di Sharon Verzeni, offre uno spaccato profondo delle dinamiche che spesso precedono irrimediabili atti di violenza sanguinaria. L’assassino, un uomo di trentuno anni originario del Mali, ha confessato di aver ucciso a colpi di coltello la donna dopo aver provato un “impulso di accoltellare”. “Ho avuto un raptus improvviso. Non so spiegare perché sia successo, l’ho vista e l’ho uccisa”. Questa per l’esattezza una delle sue prime ammissioni. Spazzate via le ombre sulla famiglia ed il compagno Sergio Ruocco, totalmente estranei hai fatti, per provare a rendere giustizia a Sharon è necessario capire chi è il suo assassino e che cosa alberga nella sua mente. Lo si deve fare partendo dal concetto da quest’ultimo paventato durante l’interrogatorio. L’idea di un "raptus improvviso" come spiegazione ad omicidi quale quello di Sharon è stata ampiamente discreditata dalla psichiatria moderna, che considera la violenza come il risultato di dinamiche psicologiche e psichiatriche complesse e spesso prolungate. E non semplicemente come il prodotto di un momento di cortocircuito della ragione. Sicuramente, la storia personale di Sangare rivela una serie di traumi significativi che hanno contribuito alla sua instabilità emotiva e psicologica. La morte del padre e la malattia della madre colpita recentemente da un ictus hanno avuto un impatto profondo sul suo equilibrio emotivo. Tali eventi traumatici possono aver innescato un accumulo di frustrazione e angoscia, che, combinato con il fallimento nelle sue aspirazioni artistiche, ha aggravato il suo stato psicologico precario.
Moussa aveva sognato e coltivato il sogno di affermarsi nel mondo del rap e dell’hip hop ed era andato in cerca di fortuna anche all’estero, specificatamente in Inghilterra e negli Usa, dopo alcune collaborazioni con noti rapper nostrani. Tuttavia, non si deve far passare Sangare semplicemente come un uomo travolto dalla disperazione. Ma, e forse, come il prodotto di una serie di scelte e comportamenti che hanno fatto una vittima sacrificale: Sharon Verzeni. Tuttavia, e ci tengo a ribadirlo, la morte prematura del padre e la malattia della madre di Moussa, colpita da un ictus, hanno influito sul suo stato mentale, ma non giustificano la sua trasformazione in un individuo capace di macchiarsi di un omicidio come quello commesso a Terno d’Isola. Nel periodo antecedente al delitto, Sangare ha manifestato segnali di una crescente instabilità e aggressività. Peccato, sempre con il senno di poi. Le accuse di maltrattamenti nei confronti della madre malata e della sorella, insieme all’uso abituale di droghe, hanno mostrato una chiara incapacità di gestire le proprie emozioni. Il possesso di coltelli e di una sagoma per il tiro al bersaglio nella sua abitazione non è un mero dettaglio, ma un indicativo e chiaro segnale di premeditazione e ritualizzazione dell’aggressività. Sangare non ha agito d'impulso. Ha pianificato e preparato il suo ultimo atto sanguinario. Dimostrando di essere un soggetto totalmente incapace di gestire la rabbia e la frustrazione.
L’idea che questo omicidio possa essere stato solo un "raptus" improvviso è una pericolosa minimizzazione della sua responsabilità e della gravità del crimine. Sharon Verzeni, vittima innocente dell’infelice biografia del suo assassino, non ha fatto nulla per meritare un destino tanto crudele. Si è trovata semplicemente “nel posto sbagliato al momento sbagliato” parafrasando le parole della procuratrice. La sua vita è stata strappata via senza alcun motivo, trasformandola in un simbolo tragico di come l'innocenza possa essere distrutta in una sera di mezza estate. Sharon non era un bersaglio intenzionale, ma una vittima casuale dell'orrore che Sangare aveva dentro di sé. Una storia nera che mette in luce non solo la sua personalità verosimilmente disturbata, ma anche la tragica realtà di una vittima innocente che ha pagato il prezzo delle insoddisfazioni e della totale assenza di empatia altrui. Giusto sarà probabilmente in questo caso indagare il livello di degrado psicologico di Moussa Sangare. Ma la sua responsabilità è indiscutibile proprio perché il suo crimine mette in luce una realtà inquietante: quella della violenza che si annida dietro le facce e le storie che non ci aspetteremmo mai.