L’omicidio di Sharon Verzeni ha scosso l’Italia intera, tenendo tutti con il fiato sospeso fino all’arresto di quello che ora è considerato l’autore del delitto: Moussa Sangare. Emi Michel Maritato, giornalista e criminologo, è tornato a commentare il caso nell’attesa di conoscere il risultato del test del Dna di Sangare, che dovrebbe venir comparato con quelli rinvenuti in altre scene del crimine. Omicidi che si sono consumati a poca distanza da Terno d’Isola, e sono quello di Yara Gambirasio, Sarbjit Kaur, Gianna del Gaudio e di Daniela Roveri. Delitti, questi, che potrebbero avere un unico filo conduttore: “Di fatto c’è un assassino, che avrebbe colpito altre volte, a Seriate, a Cologno, a Colognola, ed ipoteticamente a Chignolo d’Isola, visto che il corpo della povera Yara fu ritrovato in un campo di quella zona. Tre delitti in 8 anni circa, tutti avvenuti nello spazio di 20 km o poco meno, e questa non può essere una coincidenza, seppur la pista del serial killer è stata scartata dalla Procura”. Siamo in presenza di delitti commessi, all’apparenza senza un movente: “Un copione molto simile, che si ripete, se si analizzano nello specifico gli omicidi della 63enne Gianna del Gaudio, e quello della 48enne Daniela Roveri. È probabile che si tratti di un serial killer, vorrei ricordare che ad oggi per questi delitti non abbiamo un movente, solo un’escalation di omicidi compiuti dall’assassino. Prima l’omicidio di Gianna del Gaudio, avvenuto la sera tra il 26 e il 27 Agosto 2016, e dopo appena 4 mesi quello di Daniela Roveri, uccisa la sera del 20 dicembre 2016”. Ma cos’è che accomuna questi crimini? “Il primo elemento è il modus operandi dell’assassino, entrambe prese alle spalle, proprio come Sharon Verzeni, uccise con un fendente alla gola, sferrato con impeto ed una forza immane, ma anche con una maestria che definirei “chirurgica”. Nel colpo sferrato alla Del Gaudio l’assassino c’impiega tutta la sua forza, e lo dimostra la profondità del taglio alla gola, e la punta del taglierino che tanta è la violenza che s’infrange contro la vertebra cervicale della povera donna. Lo stesso impeto anche su Daniela Roveri: presa alle spalle, immobilizzata, e trucidata alla gola con un taglio chirurgico, tanto che la vittima risulta quasi decapitata, con un colpo profondo che le recide la carotide”.
Da questo modus operandi si possono dedurre delle caratteristiche e capacità riconducibili all’assassino: “E’ molto probabile che in questo modo abbia voluto evitare eventuali schizzi di sangue, perché la vittima, morendo dissanguata, perde ingenti quantità ematiche solo quando è già a terra agonizzante. Pertanto si presume che sappia maneggiare molto bene i coltelli. Nel caso del delitto del Gaudio il marito riferisce di avere notato una persona con le mani nere rovistare dentro la borsa della moglie, ma la collana d’oro da cui la donna non si separava mai viene ritrovata dentro la pentola. La vittima, nell’istante dell’aggressione, è intenta a lavare le stoviglie, eppure non ci sono segni di strappo della collana, questo è un fatto inspiegabile, che non viene chiarito dalle indagini. Nel caso del delitto di Daniela Roveri l’assassino si premura di portare via la borsa della vittima, che non sarà mai ritrovata, contenete il cellulare e gli effetti personali. Insomma, nell’omicidio del Gaudio il presunto omicida segnalato dal marito rovistava nella borsa della vittima, nel delitto Roveri si porta via direttamente la borsa. La domanda sorge spontanea: o l’omicida ha una sorta d’inclinazione al feticismo, e pertanto vuole conservare un reperto appartenuto alla vittima prescelta, oppure è un mero depistaggio”. Ma quale potrebbe essere il suo reale intento? “Probabilmente il continuare ad uccidere. Questo lo ha portato a mettere in atto questo depistaggio, per non fare trovare elementi utili alle indagini. Comportamento che invece non mette in atto nel delitto del Gaudio”. La conclusione? Che si tratti di un serial killer: “Non ha una tendenza feticista, come vorrebbe farci credere. Sono sempre più convinto che si tratti di assassino seriale, che con l’avanzare dei suoi delitti ha lasciato anche dei dettagli esoterici sul corpo delle vittime”. E sull’arma del delitto usata nell’omicidio di Sharon Verzeni: “Si presume inoltre che l’assassino abbia abbandonato, la notte stessa, l’arma del delitto rinvenuta nella siepe. E nessuno ha visto niente, nessuna telecamera ha ripreso nulla?”. L’obbiettivo non è quello di creare allarmismo, ma di spingere a riflettere su quanto accaduto in questi anni nella bergamasca: “Gli omicidi sono avvenuti a pochi chilometri di distanza l’uno dall’altro, è una coincidenza? Secondo me è molto improbabile che lo sia. Sulla guancia della povera Daniela Roveri viene rinvenuto, dagli inquirenti, del Dna che confrontato con quello acquisito nella scena del crimine della del Gaudio verrà considerato “blandamente compatibile”, fornendoci un’informazione importante grazie all'aplotipo Y, che non va a identificare due persone, ma indica due soggetti che hanno un ascendente maschile. Per questo motivo ritengo sia estremamente necessario confrontare questi Dna, con quello del presunto omicida di Sharon Verzeni, per restringere il campo, perché questo assassino che secondo me è sempre lo stesso autore, o per lo meno per il caso di Yara Gambirasio e la ragazza indiana Sarbjit Kaur”.