Nei giorni scorsi è stata disposta la perizia psichiatrica per Moussa Sangare, il trentunenne accusato dell’omicidio di Sharon Verzeni. La difesa sostiene che l’imputato non sia capace di intendere e di volere né di affrontare un processo. A supporto di questa tesi, vengono citati documenti medici sulla sua storia psichiatrica e le dichiarazioni della sorella, secondo cui Sangare parlava con i defunti mentre era in casa con lei e la madre. Tuttavia, secondo la criminologa Roberta Bruzzone potrebbero emergere delle novità in questo senso: “A mio avviso, però, l’accertamento psichiatrico si concluderà con una valutazione di piena capacità di intendere e di volere. Sulla scorta dei vari comportamenti del giovane (compresa la modifica dell’aspetto fisico e la riverniciatura della bici), a mio parere è agevolmente possibile escludere che abbia agito in uno stato dissociativo o in preda a un delirio di matrice psicotica”. A destabilizzare l’imputato sarebbero state le condizioni materiali (Sangare era disoccupato), ma la tendenza alla violenza sarebbe già stata riscontrata in passato, dato che “aveva messo in atto condotte violente nei confronti di madre e sorella che, esauste e profondamente impaurite, alla fine si erano determinate a denunciarlo e a farlo allontanare”. “Per innescare una mente così distorta” - conclude Bruzzone – “basta davvero pochissimo. Ma ciò non toglie che questa persona fosse pienamente consapevole del disvalore di quanto commesso e fosse fermamente intenzionato a evitare di pagare le conseguenze. Questo scenario è perfettamente coerente con la piena imputabilità”. La criminologa ha parlato anche del caso di Adilma Pereira Carneiro, nota come la “Mantide di Parabiago”: “La donna, già sotto processo per l’omicidio del compagno Fabio Ravasio, ora è indagata anche per la morte del suo secondo marito, Michele Della Malva, avvenuta nel 2011 a Mesero”. L’ipotesi, quindi, è un duplice omicidio: quello del marito avvenuto per “motivi ereditari” e con la complicità del compagno, Maurizio Massè; per uccidere Ravasio, invece, la donna avrebbe inscenato “un finto incidente stradale, intessendo abilmente una fitta rete di complici, tra cui parenti, amanti ed ex mariti”. “A mio avviso entrambe le ipotesi accusatorie sono fondate e ben si conciliano con l’indole manipolatoria della donna, sostenuta dagli elementi di indagine emersi sino ad ora”.


Per l’omicidio di Denis Bergamini l’accusa aveva chiesto 23 anni per Isabella Internò, ma i giudici di primo grado hanno condannato la donna a 16 anni di reclusione. Internò “all’epoca dei fatti era dotata di una ‘personalità incline al delitto’ e proveniente da un contesto familiare ‘deviato da retrogradi principi morali’. Per la Corte, fu ‘un omicidio passionale, realizzato allo scopo di dare una lezione al calciatore’ che l’aveva lasciata”. Ricorda Bruzzone che secondo i giudici, “tutti i molteplici elementi, considerati come forti indizi, convergono verso la colpevolezza dell’imputata”, visto che “ogni indizio si integra perfettamente con gli altri come pezzi di un puzzle, che hanno contribuito a creare un quadro complessivo che punta verso la colpevolezza di Isabella Internò, al di là di ogni ragionevole dubbio”.
