Il risiko bancario italiano è entrato in una fase di turbolenza da manuale: acquisizioni a sorpresa, strategie industriali che sembrano mosse da scacchisti finanziari e, ovviamente, qualche colpo di scena che strizza l’occhio alla politica. Al centro della scena, come in una rappresentazione pirandelliana, si muovono figure come Andrea Orcel, ceo di UniCredit, Giuseppe Castagna di Banco Bpm, e una serie di istituti che, come in un valzer nervoso, cercano di consolidare le proprie posizioni in un sistema sempre più interconnesso. Ma questa danza è davvero un’operazione di mercato o una battaglia per il controllo della sovranità economica nazionale?
Le tre lezioni di Carnevale Maffè: tra mercato, politica e Unione bancaria
Carlo Alberto Carnevale Maffè, docente della Sda Bocconi, in un suo intervento su Milano Finanza, ha provato a tracciare tre lezioni chiave da questo risiko:
- La differenza tra operazioni di mercato e minacce alla sovranità nazionale. Secondo l’economista, mentre l’Ops di Bper su Banca Popolare di Sondrio è stata percepita come un naturale consolidamento del sistema, l’offerta di UniCredit su Banco Bpm è stata accolta «con freddezza da diverse voci governative» che hanno evocato il Golden Power senza spiegazioni concrete.
- Il conflitto di interessi tra piani industriali e influenze politiche. Carnevale Maffè evidenzia la contraddizione: mentre l’operazione di UniCredit è stata letta come una minaccia, quella di Mps su Mediobanca è stata salutata come «legittima operazione di mercato». Due pesi, due misure, che suscitano più di un sospetto.
- L'importanza di un’unione bancaria europea. Il docente sottolinea come operazioni come quelle di UniCredit e Bper siano in linea con i criteri della Bce per un consolidamento su scala continentale, mentre altre manovre, orientate a una gestione “nazionalistica” del risparmio, rischiano di minare questa prospettiva.
Un monito chiaro, quello di Carnevale Maffè: «Nel complesso vivaio bancario italiano ed europeo, non servono le visibilissime mani dei giardinieri della politica ma quelle invisibili di un mercato concorrenziale e trasparente».
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UniCredit e Banco Bpm: Orcel contro Castagna, tra assalti e difese
La partita più infuocata si gioca però in casa nostra, tra UniCredit e Banco Bpm. Andrea Orcel, fresco di risultati record con un utile netto da 9,7 miliardi e 9 miliardi distribuiti agli azionisti, ha puntato forte su Banco Bpm, definendo l’acquisizione «un’operazione strategica e complementare» per rafforzare la presenza della banca a sostegno delle pmi e del retail. Ma Giuseppe Castagna non ha intenzione di cedere facilmente.
«Questa non è un’offerta, è una proposta a sconto», ha dichiarato l’ad di Banco Bpm su Libero, sottolineando come l’offerta di UniCredit non valorizzi appieno i conti record del 2024: 1,92 miliardi di utile netto (+52% rispetto al 2023) e un piano di dividendi da 7 miliardi entro il 2027. E per scoraggiare l’assalto, Castagna ha rilanciato l’Opa su Anima Sgr, portandola a 7 euro per azione: un boccone più indigesto per Orcel, che potrebbe dover sborsare fino a 1,19 miliardi in più.
Castagna si è detto perplesso anche su un altro fronte: «Non capisco la disciplina di UniCredit. Hanno il 30% di Commerzbank, il 5% forse l’8% di Generali, l’offerta su di noi... e poi parlano di rigore finanziario». Ma dietro questa schermaglia dialettica, si gioca anche una partita più ampia, che coinvolge i francesi di Crédit Agricole, azionisti di Banco Bpm al 15% e osservatori interessati della contesa.
Commerzbank: la preda che prova a sfuggire al predatore
Nel frattempo, Orcel gioca su un doppio tavolo e ha già messo un piede in Germania, accumulando quasi il 30% di Commerzbank. Ma la banca tedesca non resta a guardare. La nuova ceo, Bettina Orlopp, ha varato il piano “Momentum”, promettendo un aumento del 60% degli utili entro il 2028, fino a 4,2 miliardi, e il taglio di 3.900 posti di lavoro in patria. «Siamo pronti a sederci con Orcel se ci sarà una proposta chiara e concreta», ha dichiarato la Orlopp su Repubblica. Ma il messaggio è chiaro: Commerz vuole restare autonoma, facendo leva sulla fidelizzazione del Mittelstand, la spina dorsale dell’economia tedesca.
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Delfin, Mediobanca e Generali: la partita parallela
E mentre Orcel duella tra Milano e Francoforte, un’altra battaglia si consuma a Trieste e a Milano. Delfin, la cassaforte della famiglia Del Vecchio, ha chiesto all’Ivass di poter salire fino al 20% di Generali. Dietro questa mossa si nasconde l’ennesimo capitolo dello scontro con Mediobanca, che detiene il 13% del Leone. Francesco Milleri, presidente di Delfin, ha spiegato a Milano Finanza: «Stiamo completando l’iter autorizzativo. A breve saremo pronti ad arrotondare la nostra quota». Una mossa che potrebbe rimettere in discussione l’assetto di potere in Generali, con l’ad Philippe Donnet che punta alla riconferma contro un fronte avverso che potrebbe schierare nomi di peso come Marco Morelli o Matteo Del Fante.
Banche e politica: un intreccio mai risolto
In tutto questo intreccio di strategie industriali e manovre azionarie, resta sullo sfondo la sensazione che la politica non voglia rinunciare al suo ruolo di regista occulto. Il Golden Power, evocato contro UniCredit, sembra un’arma brandita più per motivi geopolitici che per ragioni economiche. Carnevale Maffè lo ha detto senza giri di parole: «Quando si definisce operazione di mercato quella degli amici e si usa il Golden Power per i mal sopportati conoscenti, la credibilità delle istituzioni vacilla».
Siamo davvero di fronte a una nuova stagione di consolidamento bancario o, più semplicemente, alla solita vecchia commedia italiana, dove la politica non resiste alla tentazione di mettere lo zampino nel portafoglio degli istituti? La risposta, come sempre, è scritta nei movimenti di Borsa. E nei corridoi ovattati dove si decidono le vere sorti del denaro.
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