Benetton oltre i pulloverini colorati, o meglio, in cima a quella montagna di investimenti che spaziando tra moda, settore immobiliare, banche, concessioni e tanto altro, hanno reso la famiglia di Ponzano Veneto una delle più potenti dinastie italiane. A condensare una simile ricchezza c’è il valore – quasi 240 milioni di euro – del patrimonio netto delle quattro nuove holding riconducibili ai figli del “capostipite” Carlo Benetton: Leone, Andrea, Christian e Massimo. Una novità che, come fa notare Milano Finanza, sa di riorganizzazione, e che è iniziata nel 2023 con la scissione della storica società “Proposta” nata per separare i destini patrimoniali dei fratelli e avviare il passaggio generazionale. Oggi, ciascun ramo della dinastia dispone di un proprio “gioiellino”, una scatola societaria contenente investimenti milionari. Leone Benetton controlla la nuova “Proposta”, con 112,6 milioni di euro di patrimonio e partecipazioni strategiche, tra cui il 5 per cento di Edizione, la vera cassaforte di famiglia. Grazie a una cedola di 20 milioni da questa holding e a una plusvalenza di 26 milioni dalla vendita di un asset in Ungheria, la società ha registrato un utile record di 50,7 milioni.

Massimo guida Proposta Prima (18,6 milioni), dove la nuda proprietà è già in mano ai figli. Stessa strategia per Andrea con Proposta Terza (88,7 milioni), che controlla due società agricole. Christian, infine, ha Proposta Quinta, anch’essa con 18,6 milioni, e asset in comune con gli altri fratelli, come l’Hotel Monaco a Venezia. Ma il cuore dell’impero resta Edizione. Tutti e quattro gli eredi detengono direttamente anche l’1,25 per cento ciascuno della holding, che per anni ha controllato Atlantia, la società madre di Autostrade per l’Italia. Ed è proprio qui che l’eredità economica si intreccia con un’eredità morale ancora controversa. Il crollo del Ponte Morandi a Genova, il 14 agosto 2018, con 43 vittime, ha lasciato ferite profonde nel Paese. E nel mirino è finita anche la famiglia Benetton, accusata di aver anteposto i profitti alla sicurezza. I Benetton, pur non gestendo direttamente Autostrade, erano comunque al vertice della catena societaria e beneficiari dei dividendi miliardari distribuiti negli anni. La tragedia ha messo a nudo un sistema di concessioni opaco e una gestione privatistica delle infrastrutture pubbliche che ha favorito pochi, tra cui proprio la "Dinasty" di Ponzano Veneto.

Da allora, la reputazione del gruppo è cambiata: proteste pubbliche, pressioni istituzionali, e la necessità – poi attuata – di uscire da Autostrade. Ma per molti osservatori la scelta è arrivata troppo tardi, e senza un vero mea culpa. Oggi i Benetton puntano a ricostruire la loro immagine puntando su investimenti agricoli, immobiliari e sul passaggio ordinato delle ricchezze ai figli. Tuttavia, il passato non si cancella con una scissione societaria. Dietro ai numeri e ai bilanci, resta l’ombra di una tragedia che ha segnato un prima e un dopo, senza erodere la ricchezza dei Benetton che, anzi, hanno incassato oltre 8 miliardi di euro dalla vendita – e non dalla revoca – della concessione di Autostrade a Cassa depositi e Prestiti. Il patrimonio cresce e si appresta a continuare la dinastia, chissà se ad essa si affiancherà, prima o poi, una qualche assunzione di responsabilità su uno dei capitoli più bui della nostra storia recente.