Lucio Caracciolo, il prof di geopolitica degli italiani, il Piero Angela della crisi Ucraina, si prende una pausa dal conflitto dell’est Europa e si dedica alla politica nazionale, con una concessione al progetto del Ponte sullo stretto di Messina, ormai il tema numero uno dell’azione politica del ministro Matteo Salvini. Per Caracciolo il Ponte è niente meno che una «priorità strategica per l’Italia». Il prof non evita le critiche a Salvini, che con il suo entusiasmo per la notizia che l’UE sarebbe disposta a finanziare parte della costruzione, avrebbe tralasciato che la Commissaria europea ai Trasporti, Adina Valean, sia ancora in attesa di un progetto solido. «Ora il governo Meloni intende riattivare l’ultimo progetto, assai discusso e certamente da rivedere», continua Caracciolo, che lamenta la mancanza di una prospettiva più squisitamente politica e meno tecnica sul Ponte. «I duellanti si misurano sugli aspetti geofisici, strutturali, architettonici, economici, simbolici eccetera. Su tutto salvo che sul valore o disvalore strategico dell'opera».
La domanda che si pone Caracciolo è dunque se sia o meno di interesse nazionale realizzare la mega opera tra Sicilia e Penisola. Per il direttore di Limes la risposta è sì; «Ogni paese che si rispetti dovrebbe mirare, per la sicurezza propria, a stabilizzare le aree di frontiera e a collegare le periferie al nucleo centrale. Da almeno trent' anni – ovvero dalla contemporanea fine della guerra fredda e della Prima Repubblica, quando una strategia c'era eccome – ci affanniamo in direzione ostinatamente opposta e contraria. Destabilizziamo le frontiere e disconnettiamo il paese. Le disintegrazioni della Jugoslavia e della Libia, cui abbiamo attivamente partecipato, ne sono monumentali esempi».
Come già Alberto Negri in un’intervista per noi, anche Caracciolo parla di un rinnovamento del ruolo del Mediterraneo in un contesto geopolitico che vede avversarsi USA, Cina e Russia. «Il controllo di questo braccio di mare al centro del Mediterraneo è essenziale. Perché negli ultimi decenni il mare nostro è assurto a Medioceano: connettore fra Oceano Atlantico, marchio dell'Occidente euroamericano, e Indo-Pacifico, epicentro dello scontro sino-americano per il controllo delle rotte marittime, l'altro nome del potere globale. Oppure dobbiamo considerare turistica la visita di Xi Jinping in Sicilia, nel 2019? E casuale la scelta americana di incardinare il Muos - uno dei quattro pilastri del massimo sistema di comunicazioni e intelligence Usa nel mondo - a Niscemi, senza dimenticare le strutture di Sigonella e Pantelleria? I turchi e i russi della Wagner si sono acquartierati sul lato africano dello Stretto - Tripolitania e Cirenaica - per spirito di avventura? I cavi sottomarini transcontinentali della Rete, possibile bersaglio di guerra, corrono solo per caso nelle acque sicule? L'ultima volta che l'Italia è stata invasa lo sbarco è avvenuto in Sicilia. Di lì americani e inglesi hanno puntato al cuore d'Europa. Per fortuna i conquistatori sono stati anche liberatori. Con quello sbarco sono state poste le premesse della Repubblica Italiana».
Insomma, il professor Caracciolo boccia tutti, Salvini più propagandista che pragmatico, il governo Meloni che ripesca da vecchi progetti il meno peggio, su cui servirà lavorare, e un’opposizione di tecnici, ingegneri e leader con il gilet e il casco anti-infortunistica. Nessuno che parli davvero di politica e strategia. «Le grandi infrastrutture sono il segno che lo Stato c'è e la nazione pure. Rinunciarvi significa che l'uno e l'altra non hanno senso».