Da più di un anno ormai, passando per Via della Maddalena a Roma, in pieno centro storico, direzione Pantheon, notavamo basiti una lunghissima fila di persone dinanzi all'uscio di una nuova bottega. Il serpentone di gente tagliava in due la bellissima piazzetta, tra la Chiesa della Maddalena, con la sua facciata ricordante un sabba gothico e i ristoranti preferiti di Renata Polverini sulla destra. Con stupore scoprimmo all’epoca che la gente sostava per ore in piedi in attesa di conquistare un pezzo di focaccia bianca ripiena di ettogrammi di salume odoroso di salsa tartufata, che inondava tutta la Piazza. Ogni giorno rivolgevamo epiteti poco lusinghieri a questi in fila, deridendoli in maniera infame come fa l'italiano medio quando deride altri italiani medi. Sulla porta del negozio campeggiava il faccione di questo tizio con i dentoni, un cappello rosso in testa e una gran fetta di focaccia bianca fumante in mano. Il nome dell'attività che dispensava l 'agognata cibaria era All’Antico Vinaio. Era stato salutato l’arrivo della nuova attività commerciale toscana già da un po’ e Roma la accolse con la fissità dell’occhio bovino all’apparenza tristemente bollito che sempre di più sembra avere questa Città, da una ventina di anni a questa parte, ormai. Non ci è passato nemmeno per l'anticamera del cervello di metterci in coda per farci una ragione concreta sul perché la gente fosse disposta a farsi ore di attesa pur di accaparrarsi quello che appariva essere pur sempre un pezzo di pizza bianca, alla fine. A proposito: qui entra in scena un discorso a parte per i romani, avvezzi orgogliosi detentori di quella che al nord chiamano in maniera affettata, nell’incrociarla, "pizza romana" e che da noi appunto è semplicemente pizza bianca. Con la svisata svogliata, indifferente, popolare, senza enfasi. Come una cosa di casa, intima. Cos’è a Roma la pizza bianca? È come Nonna. Una cosa che c'è sempre stata prima di te, qualcosa di atavico che risiede nel corredo genetico di ogni fiero discendente della stirpe di Roma, il companatico per ogni mortazza che norcino affetti e che quest’ultima sia fina fina - citando Gianfranco Funari - e col pistacchio, per favore.
La pizza bianca del fornaio è il cibo democratico di ogni poveraccio il cui cammino sia stato illuminato dal sole nascente sui Sette Colli, calla, scrocchiarella e morbida allo stesso tempo, unta d'olio e di una scioglievolezza al palato, semplice o ripiena di qualsiasi coppa, prosciutto, stracchino, pomodoro, tonno o Ingrediente disponibile al momento. Con la nutella è la morte sua, ahò, nun scherziamo. La grande distribuzione ha ormai soppiantato da anni le piccole attività di alimentari ma la pizza bianca è sempre fortunatamente disponibile per saziare gli appetiti popolari, spesso ahimé gommosa, salatissima e senza còre, figlia di fornai maledetti da Cerere ma sempre a prezzi democratici e consolatoria come poche. Ebbene, arrivò il tempo di unirci anche noi a quella manica di disgraziati, pardòn, che quella fila di ore l'hanno fatta per addentare il frutto della mente imprenditoriale del toscano Tommaso Mazzanti, che da Firenze è partito alla conquista del mondo divenendo milionario a suon di focacce con lo slogan "Bada come la fuma". Tommaso oggi fattura 23 milioni di euro l’anno, con ormai quattordici locali nel mondo e avendo all’attivo trecentosedici dipendenti, con tanto di security dalla pelle d’ebano in divisa sull’uscio. Necessario è avvertire il lettore che se in altri luoghi del mondo il Natale è un magico tour delle città ispirato al famigerato video di Mariah Carey intriso di glam, con il cuore trapuntato di comete dorate e sapin de Noël di bianco ammantati, a Roma la nascita del Cristo è il sunto di una riproduzione del grido di Munch a metà con la saga del film Lo squalo, anno 1975, con relativa colonna sonora. Quindi abbiamo sacrificato un pomeriggio pre natalizio alla causa e turandoci le nostre narici anti borghesi ci siamo immolati all'inferno del fare la coda per All'Antico Vinaio. Lì, in via della Rosetta, abbiamo ascoltato tutti i dialetti del mondo meno che l'italico idioma, per una volta, conquistando poi il bancone della salsamenteria fiorentina e relativa vetrina. Essendo noi smaliziati romani, e non turisti qualsiasi, disertiamo creme, verdure cucinate ammollo in liquidi di vegetazione e formaggi non stagionati, scegliendo salumi dal taglio fresco e accortezze da vecchia scuola di italica mammà.
Dal menù abbiamo optato quindi per una iconica "Bada come la fuma", mentre lo staff, piuttosto sbrigativo e poco disponibile, smucinava in affollati ciotoloni di ogni tipo di fegatino, cicorione e zucchiname, scontrinando a tutta callara in un fricandò di lingue miste farcite al romanesco con salame. Il solerte Giulio, al quale vanno i nostri ringraziamenti sentiti, si è esibito nella preparazione di una sleppa da almeno mezzo chilo di focaccia spalmata di gorgonzola, colandoci del miele e posandoci sopra letteralmente tre etti di pancetta appena scotennata dal suo rotolo profumato. Siamo corsi via con le cosce anchilosate a mangiarcela davanti al Pantheon, immaginando di essere un turista che, per la prima volta, si trovi al cospetto del monumento che dal 27 a.C. guarda l’eternità di Roma con il suo Oculus per volere di Marco Vipsanio Agrippa, architetto e genero dell’imperatore Ottaviano Augusto, dedicato a tutti gli dèi. Abbiamo trattenuto il fiato col cuore grato dando il primo morso e abbiamo capito tutto. Il salume nostrano che fonde nella focaccia che scotta, la cremosità del gorgonzola con note agrodolci davanti alla leggendaria splendida cornice è l'Italia che scende dal trono, te da una fiaccolata sulla capoccia che rivedi lo Stivale da Marsala al Dora Baltea in un colpo solo, passando per il Gargano, salendo verso l’Appennino Tosco-Emiliano fin su alle Cinque Terre e ritorno. E l'omo campa. La melodia della colonna sonora de Il Gladiatore ha iniziato a suonare dentro di noi ed una lacrima è scesa intridendoci la manica e il gorgonzola.
Terminata l’enfasi patriottica e con un’arsura di un cammello, una vocina dentro di noi ha urlato "sì ma c'era pure lo Zozzone in Via dei Banchi Vecchi e tutta sta caciara non c’è mai stata per un pezzo di pizza imbottita". C’era, c’era, altro che storie. La pizza dello Zozzone era una poesia, prima che chiudesse a favore di queste pizze odierne della nuova barbarie rendendoci orfani e tristi. E Frontoni, che alla pizza bianca faceva pure "la mutanda" così l'olio non scolava, prima che si rincoglionisse e chiudesse i battenti, lì in Viale Trastevere. Ah, quante pizze bianche ripiene di melanzane sott'olio, creme di tonno, cicoria e salsiccia ci siamo divorati da ragazzi in preda alla fame notturna post discoteca! Prima che questa umile, goduriosa, affettuosa, popolare pizza bianca fosse soppiantata da All You Can Eat a trenta euro di sushi al vibrione, noi oggi vestiti di classe e con quattro monete in saccoccia, da poveri parvenus odierni. Direte: "Siete nostalgici". Ebbene si, lo siamo. Non lo ammetteremo mai e orgogliosi e falsi come Giuda Iscariota mentiamo, parlando a cena di lavori tristi e sottopagati, di relazioni incerte inalberando felicità farlocche e realizzazioni personali frustranti, con in testa un sinistro motivetto coatto che ripete "Uno due tre, alza, il volume della festa". Non lo ammetteremo mai e in tanti fingiamo di non ricordare l’amara litania del quando con 50mila Lire si andava in pizzeria, al cinema e rimaneva pure il resto. "Siete dei boomer?". Sì, unti di oliosa, goduriosissima e grassa pizza bianca, lo siamo. E Tommaso Mazzanti, che ha trasformato la sua artigianale bottega di quartiere in un impero della distribuzione di massa, con la sua affollata catena di montaggio caotica, con sbavature igienico sanitarie, ci ha probabilmente visto lungo andando a colmare un vuoto che si era creato, a causa della soppressione dei piccoli punti vendita di street food tipico e dell’avvento dei grandi supermercati. Noi a Roma rimpiangiamo gli alimentari der Sor Tonino e del suo "presciutto che è ‘nzucchero" e le olive "so greche" (cit.) e la pizza la andiamo a imbottire al Despar, senza rivelare ai turisti che "The Antico Vinaio is not the best focaccia in Italy". Trust us.