In Italia il governo Meloni procede per la sua strada, agevolato dall’assenza di un’opposizione capace di mettere in atto una seria sfida politica. Invece in Europa, con le elezioni europee alle porte, si fanno strada dinamiche ben diverse. In Germania stanno prendendo piede due partiti populisti contrapposti: Afd e Die Linke, il primo di estrema destra, il secondo di estrema sinistra. In gran parte del continente, poi, le feroci proteste degli agricoltori richiamano la continua lotta tra il popolo e le élites. Per provare a collegare i fatti italiani al contesto continentale e ottenere una mappa in grado di illustrarci il presente (con vista sul futuro), abbiamo intervistato il politologo Marco Tarchi.
Professore, che cosa succederà alle prossime elezioni europee? Saranno rispettate le previsioni dei sondaggi o a suo avviso potrebbero esserci delle sorprese?
Non vedo all’orizzonte avvenimenti tali da sconvolgere il panorama. Certo, nelle elezioni europee, da molti tuttora considerate di importanza secondaria, spesso emerge in un certo numero di cittadini il desiderio di esprimere un voto di protesta o di avvertimento nei confronti dei partiti per cui avevano votato, ma l’alto tasso di astensione, che si può immaginare elevato anche in questa occasione, riduce la portata del fenomeno.
Dovessimo fare una radiografia del governo Meloni, come sta oggi l’esecutivo? E sul fronte delle opposizioni chi sarà la nemesi di Meloni?
Non se la passa male, vista l’inconsistenza delle opposizioni e il relativo equilibrio fra le sue componenti. Forza Italia (soprattutto) e Lega vorrebbero ridurre il potere di veto di Meloni, ma non possono tirare la corda perché non avrebbero sponde né paracaduti in caso di rottura, quindi i loro distinguo rimarranno puramente verbali. Non si vedono nemesi all’orizzonte. E fra Calenda e Renzi, così come fra Conte e Schlein, c’è da capire se ci sarà un vincente o solo perdenti.
Tra “destra” e “sinistra” c’è spazio in Italia per nuovi partiti o movimenti? Magari partiti anti-sistema o schegge impazzite capaci di fare un boom inaspettato...
Ne dubito. La grande occasione di smantellare il bipolarismo l’ha avuta il Movimento Cinque Stelle, e l’ha sprecata nell’arco di poco più di una legislatura, con il ripiegamento sull’ambigua posizione sospesa fra progressismo e populismo in cui si sta barcamenando. Il fallimento di quell’ipotesi indebolisce le prospettive di chi aspirerebbe a seguirne le orme. Forse, nell’insieme, le liste “anti-sistema” o di protesta potranno raggranellare un gruzzolo più consistente che in passato, ma che a causa della dispersione non peserà granché, se non quasi niente.
Fuori dall’Italia notiamo interessanti dinamiche politiche e sociali. In Germania Afd sta crescendo nei sondaggi (e c’è chi parla pure di una Brexit in salsa tedesca). Ci sono poi le proteste degli agricoltori, feroci in molti Stati europei. È in corso una rivolta del popolo contro le élites?
Non esageriamo. Il caso tedesco è interessante, anche perché, per reazione, ha fatto nascere il primo vero partito populista di sinistra, quello di Sahra Wagenknecht, che potrebbe modificare gli assetti del sistema partitico. Ma di qui ad immaginare un Brexit in salsa bavarese o renana, ce ne corre. La protesta degli agricoltori rischia di replicare la dinamica dei gilet gialli: rabbia, proteste, tensioni, scontri con le istituzioni e poi ripiegamento. Le condizioni perché una protesta sociale sfoci in una rivolta politica diffusa, per adesso, in Europa non ci sono.
I partiti populisti e conservatori stanno cavalcando varie vicende nazionali per incrementare il loro spazio politico. A suo avviso questo può essere dovuto ad un'esigenza da parte della società di più “ordine e disciplina”, e cioè la stessa ricetta che certe formazioni stanno provando ad offrire ai loro elettori? Penso anche al panorama italiano con il caso Salis, con FdI incalzata dalla Lega
Il tema della sicurezza, strettamente connesso a quello degli effetti della crescente immigrazione, sta assumendo sempre più rilevanza fra le preoccupazioni dei cittadini. È logico, quindi, che da destra si punti a intercettare il consenso di quella parte dell’opinione pubblica che simpatizza per un controllo più rigoroso dell’ordine pubblico. L’esempio del caso Salis è significativo: Salvini ha puntato sulla probabilità – elevata – che agli occhi di un certo numero di costoro l’attivista “antifa” appaia più come una militante globetrotter di un’ultrasinistra propensa a far tornare di moda lo slogan «uccidere un fascista non è reato» che come una vittima della violazione dei “diritti umani” degna delle attenzioni di Tajani e Meloni.
I cortocircuiti della politica estera italiana. C’è chi fatica a trovare un filo conduttore nell'agenda Meloni. Da un lato l'esecutivo ha rivendicato l'importanza di stare con le democrazie occidentali, dall'altro però ha stretto accordi con Paesi che sono tutti tranne che democratici (Algeria, Qatar ecc). Qual è la nuova bussola seguita da Roma?
Quando Meloni parla di democrazie occidentali, di fatto si riferisce ai Paesi allineati alle strategie (geo)politiche degli Stati Uniti d’America e della Nato, con cui si sente in piena sintonia, anche se le motivazioni che cita sono collegate all’interesse nazionale italiano. Se gli Usa mostrassero contrarietà di fronte alle sue mosse, farebbe marcia indietro. Anche per motivi di legittimazione interna, la bussola dell’attuale governo indica un unico polo: Washington.