L’immagine della testa dell’ex ministro della Cultura Gennaro Sangiuliano, che presentava un taglio molto profondo, è stato oggetto della trasmissione di inchiesta Report condotta da Sigfrido Ranucci e ora non si fa che parlare di quel fotogramma. Infatti, come si può leggere anche su giornali estremamente autorevoli come il Corriere della Sera “Report porta a casa lo scoop mostrando le foto che tutta Italia stava aspettando: quelle dell’inquietante ferita che Boccia avrebbe inferto con le sue affilatissime unghie nel cranio dell’allora ministro della Cultura”. Ma siamo nel campo dell’informazione o del gossip? Tutta Italia stava aspettando quella foto per? Ci troviamo di fronte alla diffusione di dati sensibili che nulla aggiungono a una narrazione giornalistica seria, se non del pepe su cui gli italiani possono discutere. È vero che la foto era stata allegata dallo stesso Sangiuliano nella denuncia, ma era una foto scattata per provare l’aggressione che aveva subito in una camera dell’hotel nazionale di Sanremo durante una lite furiosa con la sua (presunta) ex amante. Ma perché dargli una tale rilevanza? Quello che però è scandaloso è il modo in cui parte del pubblico ha reagito vedendo in che modo fosse stato ridotto Sangiuliano: lo hanno denigrato, sbeffeggiato, hanno riso delle sue condizioni. Ma cosa c’è di tanto divertente nel vedere una persona, qualunque carica essa ricopra o abbia ricoperto, ridotta in quello stato?
Non una parola di solidarietà nei suoi confronti. Come se, per via della sua presunta infedeltà coniugale e dei problemi causati al ministero della Cultura, quella ferita fosse la giusta punizione. Ma che cosa avremmo detto se lo stesso trattamento fosse stato riservato a una donna? Se avessimo visto la testa di una donna in quelle condizioni avremmo riso o avremmo gridato allo scandalo? Come minimo ora l’uomo sarebbe in galera, ai domiciliari o in custodia cautelare, ma siccome è l’uomo l’oggetto del contendere allora possiamo permetterci il lusso di fare satira. Anche se più che altro rientrerebbe nel black humor. Una doppia morale, quella con cui vengono trattati uomini e donne, sempre più ricorrente nel nostro Paese e nel mondo occidentale cosiddetto progredito: se la vittima è di sesso femminile è vittima, punto. Se la vittima, invece, è di sesso maschile c’è (quasi) sempre un “ma” e un “però”. E questo fa specie soprattutto nell’epoca del politicamente corretto, in cui ogni singola violenza è giustamente passata al vaglio dell’informazione, della giustizia ma, soprattutto, dei paladini dei diritti. Come mai gli stessi paladini non si sono schierati a favore di Sangiuliano provando anche solo umano dispiacere nel vedere quelle immagini? Come mai non hanno detto una singola parola? Non è anche quella una forma di comportamento disumano da condannare?
Forse qualcuno dimentica che non ci sono vittime di serie A e di serie B, anche se purtroppo la categorizzazione dei reati in base al sesso di chi li commette è un trattamento a cui quotidianamente assistiamo. L’uomo nel 2024 ha prima di tutto la colpa di essere uomo, visto come un carnefice, predatore, il male da cui difendersi a priori. Se continuiamo con questa sterile narrazione non faremo altro che creare un siderale e incolmabile distacco e divario tra due sessi che, volente o nolente, si trovano a coesistere nel privato, nel pubblico e nel lavoro. La vera battaglia delle donne dovrebbe essere quella di riabilitare l’uomo, debellando la sua figura da inutili pregiudizi e voci infondate nonché inconsistenti. Le femministe, che tanto si battono per la parità, stanno ponendo l’uomo in una condizione di inferiorità perenne. Allora sarebbe meglio dire che non vogliono l’uguaglianza, bensì l’egemonia del sesso femminile. Invece di affondare l’uomo a prescindere dovrebbero ricordarsi che spesso quegli stessi uomini sono o potrebbero essere i padri dei loro figli, i loro fratelli, i loro compagni, i loro figli, i loro nipoti. O potrebbero esserlo. Ma fare questo non gioverebbe a una propaganda rosa (non rossa) che ha una sola direzione e un solo scopo: minare l’uomo in ogni sua forma.