Anche le piccole banche si stanno lanciando nella mischia del risiko bancario italiano. E guai a chiamarlo “piccolo”: solo tra gli istituti quotati, le banche medio-piccole valgono oltre 8 miliardi di euro. Cf+ punta a Banca Sistema per il grande salto in Borsa, mentre Banca Ifis ha già fatto coppia con Illimity. E pure sul fronte dei posti di lavoro i numeri contano: su circa 187.580 dipendenti delle banche quotate, tanti sono in queste realtà. Credem ne ha 6.300, Banca Ifis 1.900, Illimity 800, Banca Sistema ha circa 300 dipendenti, Banca Profilo appena 180.
Numeri piccoli, ma storie interessanti. Perché in questo risiko a due velocità, non tutti giocano la stessa partita.
Da una parte c’è chi punta in alto, tra espansione e caccia alle economie di scala. Dall’altra c’è chi lotta per restare in equilibrio, difendendo la propria nicchia e cercando di valorizzare quello che ha. Non è un risiko solo, ma due mondi diversi che si muovono nella stessa scacchiera, con obiettivi, strategie e dimensioni molto differenti. “Il risiko delle piccole ha obiettivi diversi dal grande risiko”, spiega all'Adnkronos l’analista Pietro Calì. E in effetti, qui la musica cambia: le sinergie contano meno, quello che conta davvero è restare in piedi e tenere in ordine i conti. Niente rincorsa ai volumi, insomma, ma piuttosto mosse difensive, mirate, pensate per non scomparire. Lo ribadisce anche Fabio Caldato, Portfolio Manager di AcomeA Sgr, che parla di “operazioni peculiari con caratteristiche ben definite, non improntate a sviluppo puramente dimensionale e di book”, riferendosi ai due casi più recenti: Illimity-Banca Ifis e Cf+-Banca Sistema. “Entrambe le operazioni mostrano specifiche prettamente uniche (‘special situations’). La banca di Passera ha, purtroppo, mostrato numeri deboli e non ha trovato riscontro nella visione iniziale. Banca Sistema, da par suo, incorpora, secondo noi, buone prospettive ma necessitava forse di un nuovo slancio”.

La spada di Damocle
Nel frattempo, il settore bancario continua a beneficiare delle economie di scala, ma con una regolamentazione sempre più stringente dopo la crisi del 2008, il che rende il consolidamento quasi inevitabile, anche per le piccole banche. Anche le modalità e le implicazioni cambiano, e qui entra in gioco un altro aspetto importante. Filippo Alloatti, head of financials credit di Federated Hermes, racconta all’Adnkronos che “le combinazioni tra operatori di nicchia, quando l’offerta è appetibile per gli azionisti della società preda, sono politicamente meno problematiche perché non prevedono grandi tagli del personale”. Un bel vantaggio, insomma. Ma c’è una sfida che resta: “un test importante per queste operazioni sarà l’effettivo abbassamento del costo della raccolta, diretta e indiretta, vera e propria spada di Damocle per questo segmento”.
