Manca sempre meno al voto del 25 settembre, e il leader della Lega Matteo Salvini tira fuori l’asso nella manica. Si tratta di un referendum popolare sullo stop alla produzione di veicoli a benzina e diesel a partire dal 2035. Queste le sue parole durante un comizio nel torinese: "È giusto fermare la produzione delle vetture non elettriche in Europa e in Italia dal 2035? Credo che a decidere debbano essere gli italiani, e non qualche eurodeputato del Pd. Serve un referendum, altrimenti consegniamo le nostre fabbriche ai cinesi”. E ancora: "Devono essere gli italiani a dire sì o no alla follia contro cui la Lega si è battuta, imposta da Bruxelles, che mette fuori legge le auto a benzina e diesel dal 2035. Dire che non si producono più auto in Europa e si va avanti solo con l'auto elettrica significa licenziare a Torino e far lavorare a Pechino. Ci vanno di mezzo i lavoratori italiani operai e commercianti. Se la Lega va al governo sarà referendum".
Spiega poi che: "Noi vogliamo continuare a produrre auto, gli ultimi euro diesel hanno emissioni zero e impatto ambientale zero, quindi, è una scelta antitaliana fatta dal Pd, ed è giusto che sia il popolo italiano con un referendum popolare, che è il trionfo della democrazia, dire sì o no alla chiusura delle fabbriche". La replica del Partito Democratico arriva tramite il vicepresidente del gruppo dei dem alla Camera, Roberto Morassut: "Salvini getta letteralmente benzina sulla competizione elettorale e sul futuro. Vuole abrogare con un referendum la decisione europea di blocco, a partire dal 2035, della produzione delle auto con motore termico. Una posizione grave che smaschera definitivamente chi contrasta la transizione ecologica per tornare ad affermare un modello di sviluppo legato al nero dei combustibili fossili". Ha poi proseguito: "D'altronde le destre sono state sempre contrarie, dall'accordo di Parigi in poi, alla strategia europea, legata alla prospettiva di ‘emissioni inquinanti zero' al 2050. Noi invece siamo con le decine di migliaia di ragazze e di ragazzi che domani sfileranno in 70 città italiane per Fridays for Future, per riaffermare la centralità dei mutamenti climatici nell'agenda istituzionale. Chi si frappone è ‘complice criminale' della crisi più grande della storia dell'uomo".
Ma la proposta di referendum è una strada veramente percorribile? Per comprenderlo Repubblica ha interpellato Francesco Costamagna, professore associato di diritto dell'Unione europea dell'Università di Torino, che ha chiarito la questione: “Non è possibile sottoporre a referendum un regolamento europeo, perché il referendum abrogativo, secondo l'articolo 75 della Costituzione, è previsto solo per leggi o atti aventi il valore di leggi e quindi non su un regolamento. Sarebbe possibile, in teoria, un referendum consultivo, come si è fatto nel 1989 per chiedere alla popolazione l'opinione rispetto al conferimento o meno di un mandato costituente al Parlamento europeo. Si tratterebbe però di una consultazione non vincolante, che ha un valore politico, ma non legislativo. L'unico referendum che ha valore legislativo in Italia è quello abrogativo e in questo caso, come si è anticipato, non si può fare perché il regolamento europeo non è una legge”.