È fissata a giovedì 17 aprile la riunione in cui si voterà sull’aumento di capitale necessario alla scalata di Mediobanca da parte di Monte dei Paschi. Un momento che molti giornali hanno descritto come un “esame di maturità” da parte di Mps e del suo amministratore delegato Luigi Lovaglio. Il contesto è quello dell’offerta pubblica di scambio (Ops) che il banco senese ha lanciato sull’istituto di credito milanese e del risiko bancario che sa mesi sta interessando le cronache. A maggior ragione dopo che il terremoto scatenato da Donald Trump con l’annuncio dei dazi reciproci ha impattato anche sull’andamento delle azioni nel settore del credito. Nei cinque giorni successivi all’annuncio della Casa Bianca i titoli bancari hanno fatto registrare perdite massicce, salvo poi recuperare in parte. Un’inversione di tendenza rispetto agli ultimi due anni, in cui le quotazioni delle banche si erano impennate sospinte prima dall’aumento del costo del denaro che ha gonfiato i margini di interesse e poi dallo stesso risiko. Ora, l’effetto-dazi diventa un ulteriore elemento di confronto nella partita a scacchi tra Lovaglio e il suo omologo a Piazzetta Cuccia, Alberto Nagel. “Se Lovaglio ha sottolineato come un’unione delle forze avrebbe aiutato a solcare con più sicurezza queste acque tempestose, Nagel ha invece evidenziato che una recessione, con probabili tassi più bassi, indebolirebbe una banca commerciale come Mps”, scrive Carlotta Scozzari su Repubblica Affari e Finanza. I dati mostrano tuttavia che la flessione dei prezzi dei titoli bancari non ha prodotto grandi sconvolgimenti tra le maggiori operazioni in corso. “L’Ops di Mps su Mediobanca, ai prezzi di venerdì mattina, risultava a sconto per circa 350 milioni, forbice che prima della tempesta dei dazi era stata ben più ampia ma anche più stretta. Discorso analogo per l’altra grande operazione in corso, l’ops di Unicredit su Banco Bpm, in partenza il 28 aprile. A questi prezzi, lo sconto viaggia in area 700 milioni, pure in questo caso non particolarmente diverso da com’era stato prima della buriana di Borsa”, conclude Scozzari.

Il tutto in attesa di giovedì, quando Mps si riunirà per approvare il bilancio 2024 e decidere sull’aumento di capitale. L’anno scorso si è chiuso con un utile netto 1,951 miliardi di euro, che consentirà la distribuzione di un dividendo di 86 centesimi per azione a partire dal 21 maggio. Ma sono le risorse da destinare alla scalata a Mediobanca che terranno banco: “Un’operazione di grande portata, capace di ridisegnare in prospettiva la geografia della finanza nazionale, non fosse altro per le connessioni dirette con le Assicurazioni Generali, di cui Mediobanca è il primo azionista, con oltre il 13 per cento del capitale. Un’operazione con evidenti elementi di disruption, sostenuta dal governo italiano che, attraverso il ministero dell’Economia e delle Finanze controlla oltre l’undici percento del Monte dei Paschi e da alcuni importanti imprenditori privati italiani, su tutti Francesco Gaetano Caltagirone e la Delfin degli eredi di Leonardo Del Vecchio”, scrive Stefano Righi su Corriere Economia. Per arrivare all’Ops di luglio sarà dunque fondamentale che l’assemblea degli azionisti si pronunci con almeno il 66,7 per cento dei soci presenti a favore. Sarà dunque il quorum a decidere.
