È tutto perfetto. Però non funziona niente. Se oramai siamo abituati a sorbirci serie tv che sembrano scritte, dirette e prodotte con l'obiettivo di foraggiare meme e quotes su Instagram, piange il cuore a veder coinvolto in questo circo perfino Tim Burton. Regista di quattro (su otto) episodi di Mercoledì, a piede libero su Netflix da qualche giorno, il papà di Big Fish ci rifila l'ennesima sòla con i personaggi a norma e più pettinata dell'ultima influencer wannabe. Se ambientazioni, fotografia e costumi ci sono tutti, è la trama a deficitare accompagnandoci in un perfetto reel TikTok della durata di ore 8. Sono dark le atmosfere, non i contenuti. La bravura di Jenna Ortega nulla può contro la fabbrica di plastica in cui è rimasta invischiata. Se i trailer ci avevano fatto ben sperare, ecco le nostre aspettative dilaniate dal branco di piranha sguinzagliato dal pop mainstream. Che ne è stato dei reietti, quelli veri, brutti sporchi e cattivi? Ma soprattutto: che fine ha fatto Tim Burton?
Ovvietà da premettere: fin dai tempi di Edward Mani di Forbice (1991), Burton era stato in grado di raccontare alla perfezione il disagio di chi si sente tagliato fuori da una società incapace di comprenderlo. Generazioni di "reietti" butterati e quattrocchi sono cresciute coi suoi film, sentendosi meno sole nella battaglia contro le Barbie e i Ken pigliatutto. Ora, per esempio in Mercoledì, vedere questa estrema patina estetizzante su ogni personaggio che Belzebù manda in scena, fa male al cuore. Certo, stiamo parlando di una serie teen, superati i 25 anni, siamo totalmente fuori dal suo target di riferimento. Allo stesso tempo, resta una ciclopica occasione sprecata. Dal punto di vista empatico e non solo.
Arriviamo alla protagonista: Jenna Ortega è meravigliosa e di grande talento. La speranza è che s'affranchi il prima possibile da Burton, prima di fare la fine di Johnny Depp e recitare semplicemente strabuzzando gli occhi per i prossimi due-tre decenni. Interpreta al meglio delle sue possibilità un personaggio appena abbozzato e piano di contraddizioni (in sceneggiatura). Qualche esempio (senza spoiler): può una ragazza abituata, come dice e ripete, a ricevere cadaveri per il compleanno, stupirsi a sentirne parlare? Rimanerci male al punto da investigare per dirimire la faccenda e mandare al gabbio il colpevole? Dovrebbe godere della morte, invece passa il tempo a cercare giustizia.
Avrebbe avuto certamente più senso, un arco narrativo in cui la nostra eroina, anche della lotta al patriarcato (?!), cominciasse il suo primo anno al collegio Nevermore schierandosi dalla parte dei cattivi, per poi magari piano piano rendersi conto che uccidere e dilaniare per diletto non sia poi questo grande hobby... Invece no: Mercoledì è una specie di Xena in gonnella nera, sempre dalla parte del giusto, che non mostra mai un cenno di incertezza o cedimento, che ha la soluzione in tasca in ogni occasione. Perché lei è una tipa tosta. La granitica narrazione della "tipa tosta" è una delle piaghe più nefaste che si abbattono sulle sceneggiature dei nostri giorni. Perché rende davvero difficile l'empatia coi personaggi, però li trasforma in perfetti contenuti Instagram. E tanto basta, a quanto pare. Continuiamo così, facciamoci del male.
Se gli effetti visivi sono, mostri a parte, alle volte lodevoli, è davvero sfiancante assistere a tutto questo potenziale gettato alle ortiche per pigrizia, paletti sui messaggi che i characters devono pur mandare, o perché i tecnici smontano alle 18 e non un minuto più tardi. Poco importa, davvero, se la trama risulta piuttosto prevedibile: siamo coscienti di non essere davanti a Sherlock BBC e non era questo che pretendavamo di vedere. Nemmeno, però, una Mercoledì normalizzata all'acqua di rose coi suoi compagnucci (Gorgoni, Lupi Mannari e... Sirene) di nome "reietti" e di fatto con la piega sempre in ordine tanto quanto lei.
Così la Nevermore diventa Beverly Hills 90210 in salsa dark, i personaggi migliori (Zio Fester e Mano) compaiono quel tanto che basta per defibrillar sbadigli e i piccoli problemi di cuore sono il vero focus di tutta la vicenda, nonostante qualche morto ammazzato qua e là. Molto riduttivo, troppo. Se non mancano scene "epiche", pressoché tutte riprese da film cult come Carrie - Lo Sguardo di Satana, quello che ci troviamo davanti è una Mercoledì - Vita da Sabrina, una Sabrina qualunque a cui piace vestirsi di nero perchè vede che il trend su Instagram tira. Peccato.
Peccato perchè siamo convinti che anche nell'epoca del chiunque può che stiamo sciaguratamente vivendo, ci siano giovani individui che non si riconoscono davvero, non per posa e a ragione, nella società degli hashtag che li circonda. Rimarranno a bocca asciutta di fronte a Mercoledì. Poco male, abbiamo comunque una magra consolazione: alla nostra generazione era andata di gran meglio. Se non altro, abbiamo avuto Britney Spears e i suoi svariati esaurimenti nervosi. Freak me Baby One More Time.