Era nei pressi di Porta Settimiana che un giovane Carlo Verdone nei panni di Leo si preoccupava della sfiga che l'olio buttato per terra avrebbe potuto portargli, mentre si apprestava a fare l'incontro leggendario con la spregiudicata Marisol. Tra la prescia per prendere il bus per Ladispoli a passare un'estate anni '80 e le lusinghe della giovane spagnola, Leo scelse queste ultime. Che daremmo noi per trascorrere altre ore spensierate gioendo di un'altra prova cinematografica di Verdone pari a quell’esplosione poetica che è "Un sacco bello"? Parecchio. È sera quando Leo e Marisol gustano il "vino tinto della mamma" su un terrazzino di una Roma sparita commovente, al fresco del famoso ponentino, mangiando pasta col tonno. Fatti non irripetibili oggi, ma certamente carenti di quelle atmosfere estive che solo un romano di qualche generazione fa porta nel cuore. Ebbene, Via Garibaldi è sempre lì, nei pressi di quel punto dove si svolsero i fatti. Non troveremo Marisol a chiederci dove sta l'ostello della Gioventù, ma l'Antica Pesa si. E credeteci, non è poco per niente.
L'alfiere di questo orgoglio capitolino del palato, lo diciamo finalmente senza esitazioni, è Francesco Panella, personaggio televisivo noto per le scorribande a tema cibarie in giro per il mondo con ‘Little Big Italy’. Lo stesso è anche proprietario di questo ottimo ristorante nel cuore della Trastevere più bella. Noi di MOW siamo andati in perlustrazione ovviamente, uscendone soddisfatti. Vediamo perché. Una vecchia stadera, l'antica pesa, appunto, ci ha accolto una sera meno afosa di quella che visse il nostro Leo. Trattasi di pedana atta a pesare merci, granaglie, legna. sopra la quale sono affissi svariati piatti Michelin, per quanto stranamente il ristorante non goda - ancora - di alcuna stella blasonata. Ci si sente in buona compagnia, sapendo che Jennifer Lopez ha festeggiato i suoi quarant'anni proprio qui e tanti altre celebrità hanno passeggiato per l'elegante corte all'aperto incastonata tra i palazzi di Roma.
L'atmosfera è davvero magica, non tanto per dire, e gli americani lo sanno. Certo più di tanti romani che una cena da settanta euro non possono permettersela. Abbiamo cominciato con un gazpacho con cialda al basilico e ricotta di bufala e un cappuccino in tazza di spuma al baccalà sul letto di patate e porri, col suo bravo maritozzo salato ripieno di panna e noci. Qualcuno potrebbe obiettare che questa somigli, a occhio e croce, a tanta apparente nouvelle cuisine. E invece fidatevi. Se magna e pure tanto. Affondare la pagnotta bollente che il buon Matteo - giovine maitre in erba preparatissimo - ci ha messo davanti nell'olio buono italiano mentre si scucchiaia un sublime baccalà mantecato sormontato da una soffice nuvola di spuma è una roba che non si scorda. Lode al mini maritozzo accanto, dal dolce contrasto soffice e croccante insieme. Stessa cosa per la zuppa fredda di pomodoro di origine ispanica, rossa scarlatta e addensata dalla quenelle di ricotta. Con le entrées state già a posto, ma la strada verso il godimento è ancora fortunatamente lunga.
Per primo abbiamo optato per una classica carbonara - giusto per rinfocolare il sangue trasteverino - e dei tagliolini burro, alici ed il loro perlage e pepe. La prima ha fatto il suo dovere grazie al guanciale croccante e alla crema di uovo. Certo, se vi aspettate di attripparvi di primi, cambiate rotta e andate ‘Ar bottarolo’ di Tor Marancia, con l’all you can eat a diciannove e novanta magni finché non schiatti. Il secondo primo, col crumble croccante, ha raggiunto la sublimazione della merenda a base di pane burro alici delle nonne romane di tanti anni fa, versione gourmet. Trovarci in una antica osteria romana, dove il Re dei Due Mondi giunse a fare caciara insieme alle sue Giubbe Rosse dopo la breccia di Porta Pia, ci ha emozionato al punto da sterminare anche la ricciola in salsa d’arancia e friggitelli. Sublime. Solo tre pezzettini. Per dolce non abbiamo esitato a farci del male - in senso buono, se ci si concede l'ossimoro - con una granita al caffé - amato dessert romano - con panna e aggiunta di crumble al caramello. ‘Affondate il cucchiaio fino in fondo’, ci ha raccomandato premuroso lo chef. Una roba, come direbbe qualche amico nostro in un novello slang di questi tempi bui, "da bestemmia", per quanto è bona. Barcollando abbiamo visitato le sale con le opere d'arte incappando proprio in lui: Francesco Panella in persona, cortese e sbrigativo, al quale confessiamo con le lacrime agli occhi quanto abbiamo mangiato bene. Uscendo all'aria frizzantina non abbiamo potuto non rivolgere uno sguardo affettuoso a quella finestra, da dove uno scapigliato, rude rappresentante della Trastevere immortalata da Carlo Verdone dice a Leo piangente sull'olio versato: "Mo buttace pure l'insaponata così invece de dieci ce ne cascano cinquanta!". E sulle note del genio di Ennio Morricone, insieme a Leo ce ne siamo andati pure noi, satolli e un po’ nostalgici, purtroppo non ‘a prende la coriera pe Ladispoli’.