‘Sii felice perché qualsiasi luogo è qui e qualsiasi momento è adesso’ . È questa la locuzione cara ad Orazio che vi accoglierà accomodandovi al ristorante di Vincent Candela, amatissimo calciatore occitano, primo francese a vestire la maglia della As Roma. Arrivando a questa che pare una location per pranzi di matrimonio, vi chiederete subito dove sono gli sposi. Realizzando che se vi avessero invitati ad un matrimonio il 20 di luglio avreste mandato un sicario ad eliminare la coppia responsabile, vi convincete che si, è proprio questo il ‘Qui e ora’ del terzino sinistro dell'As Roma. Se di solito alle cerimonie rinunciate a sedervi nei pressi dell'area bimbi per l’eccessiva caciara, qui avete la possibilità di disertare l’area menu fisso a 30 euro con spettacolo brasiliano a base di mangiatori di fuoco e ballerine di Rio, ghettizzandovi sotto le querce secolari mentre vi godete il suono delle cicale e quello degli avventori accanto a voi. Villici in shorts, emuli di Sora Lella in vestaglia fiorata, tripudio di ascelle in abiti scollati e magliette di spugna "tipo mare" - cit., tutto ricorda un convivio popolare fuori porta in giorni di ponte o post pellegrinaggio al Santuario del Divino Amore, in un film di De Sica ai tempi nostri.
Eppure la corte di questo casale di Montecompatri, località dei Colli Albani, i quali diedero i natali ai mitologici Romolo e Remo - ora teatro di magnate di succulente porchette - è chic e di buon gusto. Ma in un attimo può assumere un non so che di salone per banchetti tra i più cheap a toni Valtur. Stessa cosa si può dire degli interni, per quanto ingombri di strani oggetti vintage cari al proprietario, a rappresentare quell’‘hic et nunc’ che non c’è più. A questa oasi della convivialità e del ristoro – allusa nel nome del ristorante - si coniuga uno spazio privilegiato dell’anima dove poter afferrare quel famoso senso di ‘carpe diem’ proprio della poetica oraziana. E che Vincent Candela deve aver a cuore davvero molto. ‘Nulla è più importante del qui e ora’, ci confida una dipendente. Il banchetto rappresenta quindi uno spazio protetto dove poter passare del tempo prezioso in compagnia, apprezzandone a pieno il presente. Non è ivi necessario agghindarsi tipo un cioccolatino incartato male per apparire eleganti per lo sposalizio di ipotetici Fabiola e Mirko e portare in dono un decanter o una macchina per fare il pane De Longhi. È permesso accedere al desco anche ‘scialli’, come si dice da queste parti.
Al centro delle due aree in elegante mattonato, tra statue in travertino sul crinale tra roman empire e vivaio’s style, troneggia una fontana zampillante con un vespino con i colori daa Maggica e del Tricolore conquistato, installato sulla sommità. Tre statue di Buddha infante, dalla tipica simbologia di mimare gli atti di non vedere non sentire e non parlare, siedono ai bordi della fontana. Alle spalle di questo trionfo di sobrietà fa da proscenio un colonnato a mo’ di tempietto collegato alla vasca da una scalinata. Davvero impressionante. Per non guardare la fontana ho preferito ordinare gli antipasti, tra una vasta scelta di portate evocanti la romanità in tutta la sua ridondanza. Arrosticini abruzzesi – tanto amati anche in Terra di Cesare – vari tagli di carne, primi della tradizione, pizze e pinse di tutti i tipi, fritti, verdure –non abbastanza per saziare un vegano- e una breve ma accattivante lista di dolci, comprendente una lemon curd, il tiramisù, la cheesecake ed i profiteroles... Abbiamo dunque vagliato, tra le varie, le goduriose ‘pizzarotte fritte’, imbottite di salsiccia spalmata e un tagliere di bruschette da dividere in due. Quest'ultimo da dimenticare al pari della fontana. Pane non croccante con pesto salato e retrogusto di sale & indefinito, sconsigliatissimo in caso di ritenzione idrica e se non si intenda accettare una bibita, co st’arsura, cit. e sta callaccia. Stessa cosa per quella al lardo, ma peggio. Un concentrato di grassi saturi celati in crema porcina grondante morte e distruzione, che se le arterie potessero si farebbero fruste per fustigare il peccatore sulla via del suo Golgota. La bruschetta al pomodoro ha meritato il "Premio Cestino" della serata, seguita dalle precedenti; quella alla salsiccia spalmata ha chiuso la "Sagra del Sodio" degnamente.
A seguire sono arrivati lo spiedo di Angus from Usa con salsa di cetriolini e la tagliata di manzo ai datterini gialli e rossi. Gialli e rossi, capito? Ogni riferimento non è puramente casuale e, vi prego, qui non si scherza con i sentimenti. Entrambe le portate eccellenti, a parte la temperatura piuttosto bassa, che ne ha compromesso la resa. Comunque un plauso al fornitore dei tagli di carni e alla scelta di quest’ultimo. Una voce dai toni genderfluid irrompe urlando ‘Alzi la mano chi è della Roma’, mentre un tifo da stadio - che manco a Piazza del Popolo alla fine dei rigori della finale dei mondiali del 2006 - introduce sulla scena il responsabile di tutto questo. In un trionfo di ballerine mulatte a glutei scoperti (per lo più maschili) e copricapi piumati, appare Candela; parte un trenino carnascialesco tra l’imbarazzante e il Carrozzone di Renatino. All’apice di ‘ollellè ollallà Vincent Candela’, giunge il piatto di verdure gratinate. Confesso di esserne rimasta sorpresa per averlo trovato privo di paillettes e parecchio bono.
Scopro altresì di aver dimenticato a casa il mappamondo in regalo per la bambina che ha appena ricevuto la cresima. Ah no. Sono sempre a cena da Candela. In questo baccanale di dimensioni inenarrabili rivolgo un pensiero di affetto a Flavio Briatore, ingiustamente assurto a bersaglio di tanto livore collettivo per qualche barchetta, du gnocche e un po’ di prosciutto su una Margherita. Penso che vorrei che tutti partecipassero a questa performance ad ispirazione Circo Orfei in una puntata del glorioso programma ‘Indietro tutta’, con tanto di Ragazze Coccodè redivive e addento i profiteroles muovendo la culita in un’estasi di cioccolato e panna tiepidi di fuori frigo. Ebbra di balli di gruppo come in spiaggia in Costa Rey anno 1996 urlo "abajo! Abajo!" e al momento di baila tu cuerpo alegria macarena si materializza Candela davanti a me in carne ed ossa, chiedendomi si, par hazard, la viande ‘était bonne ou pas’. Non è vero. Ha detto ‘tuti bene qui?’ Invece di domandargli se fossero duri gli allenamenti con Zeman ho scordato tutto balbettando "daje Maggica!". Discolperei il vino ‘Candela’ e tantomeno il ‘Cafu’, avendo bevuto acqua. Cosi è praticamente giunta all’epilogo la serata al ‘Qui e Ora’, tra un ‘no es amor’ e tutto il meglio della musica latino americana degli anni 90. Lasciamo Montecompatri come si lascia la Icon of the Seas della Royal Carebbean dopo una settimana di sballo sullo scivolo acquatico insieme a una carriola di pargoli. Spendendo più o meno la stessa cifra, ma ‘la viande ètait très bonne’. Una cifra bonne. Ah, la consiglio vivamente, soprattutto per la bontà della carne, pure ai laziali.