Premessa: l'esperienza che vi stiamo per raccontare risale al 2017. E quindi prima dello scoppio della pandemia, prima che la Corea del Nord chiudesse i propri confini e prima che esplodessero guerre e tensioni internazionali. In quel periodo, chi scrive ha avuto modo di visitare il Paese più misterioso del mondo soggiornandoci circa un mese. A distanza di otto anni abbiamo intervistato chi c'è stato di recente per capire come, quanto e dove era cambiata la nazione guidata da Kim Jong Un. Zoe Stephens, una guida turistica inglese che ha appena partecipato alla maratona di Pyongyang, ha un profilo su Instagram dove racconta cosa ha visto nel suo viaggio. Ci abbiamo parlato e ci ha spiegato diverse cose interessanti sull “l'altra Corea” (qui l'intervista completa). “Pyongyang è cambiata molto. Ci sono molte nuove strade e la capitale sembra piuttosto ricca. Molte persone hanno uno smartphone e ci sono molte persone e auto per strada”, ha raccontato Zoe parlando della capitale del Paese. Uno spaccato singolare che smentisce i luoghi comuni e che, in qualche modo, aiuta il pubblico occidentale a capire che - seppur in mezzo a mille difficoltà e in un contesto geopolitico abbastanza teso - anche i cittadini nordcoreani trascorrono la loro quotidianità tra sogni, ambizioni e divertimenti. Già, i divertimenti. Lo sapevate che a Pyongyang esistono numerosi ristoranti etnici, compresi tre locali specializzati nella cucina italiana? Nel 2017, come anticipato, il sottoscritto ha cenato in uno di questi. Spoiler: è rimasto più che soddisfatto di quanto mangiato.

Italy Pizza ha aperto i battenti nel 2015 come parte integrante della Mirae Scientists Street, un quartiere residenziale situato a Pyongyang, con edifici caratterizzati da un'architettura futuristica e per lo più abitato da professori, ricercatori e personale accademico affiliato alla Kim Chaek University of Technology, una delle principali istituzioni scientifiche della Corea del Nord, specializzata in ingegneria nucleare, elettronica e ingegneria fisica. Da allora, da ormai un decennio abbondante, sforna decine di pizze e altrettanti tipi di pasta. Costo accessibile per gli stranieri – all'epoca dai 6 ai circa 10 euro – decisamente meno per i locali (la clientela è formata non a caso da pochi fortunati); pizzaioli e cuochi formati in Italia (da quanto dicono loro stessi) e ingredienti freschi. I prodotti non sono importati dal nostro Paese, ovviamente, ma dalla Cina (anche se c'è chi ne ipotizza una provenienza autoctona). Il menù è abbastanza ricco per trovarsi in Corea del Nord: ci sono pizze margherite, con salame, pesce... e pure tanti piatti di pasta. Non proprio scelte comuni qui, oltre il 38esimo parallelo. In ogni caso, il sottoscritto ha optato per una pizza margherita. Contro ogni pronostico – e contro l'idea di ritrovarsi nel piatto una pizza surgelata – la portata era decisamente squisita. L'impasto è stato preparato sul momento con l'aggiunta di pomodoro e mozzarella: esperienza più che positiva.

Ci sono diversi altri segnali, in aggiunta alla presenza di bizzarri ristoranti etnici, che indicano come a Pyongyang il vento sta cambiando, e anche come i suoi abitanti abbiano più soldi da spendere rispetto al passato. Alcuni esempi? Già prima della chiusura del Paese a causa della pandemia, in città operavano almeno cinque diverse compagnie “private” di taxi, mentre è sempre più comune – anzi di tendenza – comprare animali da compagnia e portarli a passeggio, una rarità assoluta fino a pochi anni fa. Anche la sensibilità femminile si è evoluta: le donne hanno iniziato a dismettere gli abiti più tradizionali e assai poco appariscenti, per indossare vestiti più colorati e ostentare un preciso stile che trae ispirazione da Hong Kong e, in certi casi, Tokyo. Altro aspetto fondamentale: quasi un quarto della popolazione odierna (circa 7 milioni di nordcoreani) possiede uno smartphone. Il che, se confrontato a qualunque altro luogo sulla Terra potrebbe sembrare un dato scarso, ma per la severa disciplina comunista è un risultato tanto inatteso quanto “rivoluzionario”. Oggi i cittadini nordcoreani possono tranquillamente scattare foto, utilizzare app e più in generale connettersi a Internet – sia chiaro, si tratta più precisamente di un intranet controllato dallo Stato, dal quale è impossibile accedere a social network occidentali e simili. Forse visto con i nostri occhi la cosa è bizzarra, finanche noiosa. Ma per chi ha passato gli ultimi decenni a soffrire la fame, è al contempo un miracolo economico e un oggettivo progresso civile.

